Il crocifisso spezzato a metà

Parla don Domenico Dell’Omo

«Sabato 21 ottobre un parrocchiano ha aperto la Chiesa di Santo Stefano, e poco prima delle 8 del mattino ha trovato la Croce, che era originariamente posizionata sull’altare maggiore, a terra e spezzata in due». La voce, amareggiata, è quella di don Domenico Dell’Omo (nel tondo), parroco in solido della parrocchia di Santo Stefano ad Alessandria, che a Voce racconta un triste (e per certi versi inquietante) episodio avvenuto venerdì scorso.

Don Domenico, che cosa hai fatto dopo aver appreso la notizia?

«Appena possibile sono andato a fare una verifica… ed era proprio così. Come raccontano le immagini dell’impianto di videosorveglianza della parrocchia, alle 9.26 del mattino di venerdì un uomo è entrato e ha fatto un giro della chiesa. Poi ha chiuso una tendina del confessionale, chissà perché, è salito dietro l’altare maggiore, ha smontato la Croce e l’ha portata giù. L’ha deposta sui gradini, ha preso una rincorsa e con un calcio ha spezzato la Croce in due».

Poi che cosa si vede nelle immagini registrate dalla telecamera?

«Si vede quell’uomo che fa dei gesti, che io interpreto come se fossero un pentimento. Infatti, è stato un po’ con il capo chino, come per chiedere scusa. E poi è andato via».

Ti era mai capitata una cosa simile?

«No, non mi è mai capitata una cosa del genere in passato. Confesso che sono stato molto male per quel gesto. Non sappiamo le motivazioni, ma è evidentemente un atto sacrilego. Resta da vedere se questa persona ha dei problemi mentali, o se invece ha agito con lucidità nel compiere quell’azione».

Sei andato a denunciare l’accaduto, immagino.

«Ho sporto denuncia in questura, consegnando anche il video registrato dall’impianto di videosorveglianza. Il volto si vede… Confido che le tecniche investigative possano dirci qualcosa di più su quanto è accaduto. E sulle motivazioni».

Che cosa hai fatto, dopo?

«Ho iniziato a pregare per quella persona, chiedendo di fare lo stesso anche ai miei parrocchiani. Nelle Messe di sabato e domenica ho inserito questa intenzione nella preghiera dei fedeli. Ora, al posto della Croce spezzata, c’è la Croce astile che si utilizza per le processioni. Poco prima della Messa l’ho portata vicino all’altare, rivolta verso il popolo».

Non hai divulgato questa vicenda?

«Per la situazione complessa che viviamo, ho cercato immediatamente di tenere un profilo basso per evitare di spargere veleno e paura ingiustificati. Ma visto che la notizia si sta spargendo, ho ritenuto meglio parlarne con voi di Voce».

Hai già perdonato l’ignoto autore di questo gesto?

«Sì, l’ho perdonato, indipendentemente dalla violenza dell’atto. Un atto che comunque mi ha ferito. Sai, vedere quelle immagini mi ha fatto star male per alcuni giorni. Perché è qualcosa che non capisco, mi ha sorpreso… non me lo sarei mai aspettato».

Potendolo incontrare, che cosa gli diresti?

«Cercherei di fargli comprendere non solo la gravità dell’atto, ma anche che è possibile ricominciare: non è un peccato irredimibile. Mi piacerebbe avere un confronto con lui, per provare a capire che cosa lo ha portato a compiere un gesto simile. Magari quell’uomo non ha trovato nessuno in chiesa e si è arrabbiato con il simbolo della cristianità… ma io vorrei dirgli che la Croce per noi è un simbolo di amore, non di odio. Di pace, non di conflitto».

Che cosa ti è rimasto di tutta questa vicenda?

«Guarda, ho pregato molto e ho ancora l’amaro in bocca. Chiunque potrebbe fare questo gesto, ci impegneremo per capire come organizzarci meglio».

L’unica soluzione praticabile sembra quella di chiudere le chiese.

«No, per carità! Chiudere le chiese adesso non è una soluzione. Sono assolutamente contrario».

Andrea Antonuccio