Noi vi racconteremo la Gmg di Lisbona

Verso la Giornata mondiale della gioventù

Carlotta, come ti senti alla vigilia della partenza?

C: «Sicuramente mi sento emozionata per un’altra Gmg, che tra l’altro si è fatta attendere, perché sono due anni che abbiamo rimandato questo appuntamento. È cresciuta l’attesa nei giovani ed è cresciuta anche la nostra: come Pastorale giovanile, o Pg, come la chiamiamo noi, più volte in questo tempo ci siamo chiesti come incontrare i giovani dopo un periodo così lungo di stop. C’è una tensione positiva nei confronti di questo momento: non un evento in cui facciamo i “botti”, ma il frutto di un percorso e una tappa intermedia di un cammino che continua. La mia emozione è quella di ripartire per un’altra Gmg, e far sì che si inserisca in un cammino pastorale per i giovani della nostra Diocesi».

Alessandro, tu che cosa vai a fare a Lisbona?

A: «Beh, intanto questa è la mia seconda Giornata mondiale della Gioventù: la prima volta sono stato a Cracovia nel 2016. In questa occasione, a Lisbona, andrò da giornalista: seguirò il gruppo di Alessandria, ma andrò anche a “caccia” di testimonianze da tutta la Gmg».

Carlotta, a quante Giornate sei arrivata?

C: «Quella in Portogallo è la numero cinque. La prima è stata a Madrid, nel 2011. Ero giovane e a metà strada tra l’essere “utente” e l’essere parte dell’équipe di Pastorale giovanile. Non avevo mai vissuto una Gmg, anche se in realtà già collaboravo con la Pastorale giovanile. E proprio quell’anno avevo dato una mano per l’organizzazione».

Come fu quella prima esperienza?

C: «Una scoperta. Non avendo idea di che cosa fosse una Giornata mondiale della Gioventù, non avendola mai vissuta e venendo anche da un ambiente esterno all’oratorio, fu una rivelazione: una esperienza liberatoria rispetto a quell’incontro di Chiesa che non credevo possibile per così tanti giovani. Ricordo che eravamo a Cuatro Vientos, a Madrid, dove tra l’altro si scatenò una tempesta di vento. Mi colpì il fatto che tutti i giovani convocati lì, nonostante le intemperie, fossero rimasti fermi e continuassero a cantare durante l’incontro della veglia col Papa. Una sorpresa!».

Alessandro, sei stato alla Gmg di Cracovia. Ci racconti che cosa ti è successo in quell’occasione?

A: «Ero un giovane animatore della parrocchia di San Pio V e Cuore Immacolato di Maria, e a metà dei centri estivi ho lasciato e sono partito in direzione Polonia. Ho fatto le due settimane di Gmg: sia quella del gemellaggio a Sosnowiec, sia quella a Cracovia. Mi è rimasto impresso questo volersi mettere in cammino per incontrare il Papa. E poi ho visto e conosciuto una valanga di giovani contenti di essere lì, nonostante le fatiche del viaggio, il caldo e le mille problematiche che ci possono essere durante un pellegrinaggio di questo tipo. Ho toccato con mano una Chiesa viva, in cammino, sorridente. Fatta di ragazzi provenienti da ogni parte del mondo».

Carlotta, qual è stata la Gmg più significativa per te?

C: «È stata quella di Rio de Janeiro del 2013. Devo dire che le Gmg che ho vissuto in un altro continente, come a Rio e a Panama, sono state da un punto di vista personale particolarmente intense. Rio mi ha segnata forse perché, con il bagaglio di vita con cui sono arrivata lì, ho sentito veramente un incontro con Dio. Ho percepito la Sua presenza nella mia vita, e anche qualche tirata d’orecchi (sorride). Sicuramente a livello spirituale mi ha segnato moltissimo».

Alessandro, ci anticipi qualcosa del tuo lavoro giornalistico?

A: «Ogni giorno faremo delle interviste in diretta, che saranno visibili sulle pagine Facebook e Instagram della Diocesi, in cui mostreremo soprattutto i volti dei giovani alessandrini e parleremo del programma e degli eventi che seguiranno. Racconteremo, sempre sui nostri social, i vari momenti principali per ogni giornata a Lisbona. E poi, in parallelo, raccoglieremo delle interviste e testimonianze che pubblicheremo, dopo la Gmg, in un racconto video».

Carlotta, come si fa a trattenere nella vita di tutti i giorni quello che si vede alla Gmg?

C: «Secondo me ci sono due passaggi, uno personale e uno comunitario. Quello personale è che, in qualche modo, la Gmg e l’incontro con una Chiesa così viva e giovane toccano il mio spirito. Bisogna però avere il coraggio di farsi queste domande, tornando a casa: “Mi interessa conoscere Dio, chi è nella mia vita? Come portare avanti questa esperienza con Lui anche a casa, non solo in mezzo a una folla di un milione di giovani?”. Il secondo elemento è comunitario: occorre cioè trovare un luogo dove poter condividere con gli altri un’esperienza che mi avvicini a Dio, mi tenga legato a una comunità di Chiesa. Quindi un oratorio, un gruppo, un movimento, per fare quell’esperienza comunitaria che mi consenta di continuare il percorso di scoperta della fede. Non è facile, anche perché oggi i luoghi giovanili si stanno svuotando; ma credo che sia fondamentale per non lasciare che questo seme cada in un terreno sbagliato. No, bisogna trovare un terreno fertile dove questo seme possa fiorire».

La Pastorale giovanile è un terreno fertile?

C: «Sì, sicuramente, ma non è il primo. Perché la Pastorale giovanile diocesana ha la funzione di fare rete. Tutti andiamo in quella direzione, tutti siamo figli di una stessa Chiesa: ci incontriamo, ci formiamo, viviamo esperienze di gioia, di eventi e di cammino. Però la Pg non è il primo terreno fertile: prima ci sono le nostre comunità, quindi le Unità pastorali, gli oratori, i gruppi giovanili, gli scout, i movimenti, la scuola… sono loro i primi terreni fertili».

Alessandro, tu cosa chiedi andando a questa Gmg?

A: «Dal punto di vista professionale, spero di poter fare un’esperienza formativa unica nel suo genere. Mi auguro di incontrare una Chiesa giovane in cammino e di poterla raccontare, seguendo le parole e i passi di papa Francesco».

E poi?

A: «Mi auguro soprattutto di fare una vera esperienza di fede… ma lascio fare allo Spirito (sorride). Così come è successo a Cracovia, spero di lasciarmi stupire dagli incontri e da ciò che vedo».

Porterai una domanda in particolare?

A: «Ho diverse domande che porterò con me. Spero di trovare le risposte e tornare diverso grazie a questa Gmg».

Carlotta, tu invece che cosa porti?

C: «Ti ringrazio per questa domanda (sorride), perché con tutto il lavoro organizzativo potrei perdere di vista questa dimensione, che è invece fondamentale. Sicuramente chiedo al Signore di stupirmi, alla mia quinta Gmg. In ogni Giornata mondiale che ho vissuto c’è stato un aspetto di rivelazione per me, e quindi chiedo al Signore questa vivacità ancora adesso. Poi mi piacerebbe essere veramente strumento, e mi piacerebbe poter leggere questo stupore nei nostri giovani. Ancora oggi sentiamo dire che siamo di fronte a una Chiesa vuota, in cui i giovani sono assenti. Eppure andiamo a Lisbona e, stando ai numeri, i giovani saranno un milione, e hanno anche voglia di fare una settimana di catechesi, Messa, ritiro, veglia, adorazione, Via Crucis e rosario. Vuol dire che in qualche modo una domanda c’è».

Una domanda?

C: «Sì, secondo me c’è. Ma è una domanda che, dopo un po’ di anni, ha preso anche una forma più strutturata. Non è più semplicemente: “Dio ci sei?” ma: “Dio, come sei nella mia vita? Come mi vuoi?”. Ecco, credo che la mia domanda sia proprio questa: “Come mi vuoi?”».

Un augurio ai giovani che parteciperanno?

C: «La mia parola chiave è “cuore aperto”. Io credo che per poter vivere bene la Gmg, pur essendo la prima volta o qualcosa di lontano dalle mie corde, come sarà per molti dei nostri giovani, bisogna avere un cuore aperto. Aperto a quello che viene: all’incontro con il mio vicino di pullman, con la famiglia che mi ospita, eventualmente con Dio e con altre persone che pregano».

E a quelli che non sono venuti cosa diresti?

C: «Racconterò loro com’è andata. Non mi sento di dire che hanno fatto male a non venire… Chiediamoci anche noi, educatori, adulti e referenti di gruppi, se abbiamo fatto il possibile portare i giovani a questa occasione. Avremmo potuto sostenerli di più, anche con i soldi: penso a tante situazioni di difficoltà economica che hanno fatto da “filtro” a questa Gmg. Dobbiamo metterci in discussione per fare meglio in futuro. Abbiamo il dovere di raccontare a questi giovani cosa è stato, e preoccuparci che alla prossima occasione sia data loro questa opportunità. Però, sempre come punto di arrivo di un cammino: non ci vediamo tra due anni, ma iniziamo adesso per arrivare preparati alla prossima Giornata mondiale della Gioventù».

Andrea Antonuccio