Casa Santa Elisabetta
Una parte di un monastero trasformato in una casa d’accoglienza: questo il progetto realizzato dalla Caritas diocesana di Verona per ospitare famiglie in difficoltà, donne sole, con figli minori, in emergenza abitativa. Si tratta non solo di persone provenienti da situazioni di fragilità pregresse ma anche di donne cadute improvvisamente in una situazione di grande difficoltà economica per la perdita della fonte di sostentamento primaria e la difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro o a causa di una separazione e in assenza di reti familiari a supporto.
Situata nel cuore di Verona all’ombra di Castel Vecchio, la Casa è un luogo nel quale si sperimentano l’ascolto e l’aiuto reciproco. Otto alloggi autonomi accolgono i nuclei familiari che qui ritrovano una tranquillità abitativa e vivono relazioni di amicizia e mutuo aiuto. Una sala con divani e libreria e una corte esterna permettono di costruire relazioni, confrontarsi e trascorrere insieme il tempo libero.
«In un contesto di individualismo diffuso e di crescenti divisioni sociali Casa Santa Elisabetta offre a tutti coloro che ospita un temporaneo luogo di ristoro – spiega monsignor Gino Zampieri, direttore della Caritas – quasi un’oasi nel deserto, pensata per ridare slancio e speranza a nuclei familiari di mamme con i loro figli. Si tratta infatti di situazioni familiari fragili che necessitano, oltre ad un concreto sostegno materiale, anche di amicizia, vicinanza, solidarietà. Che hanno bisogno di tutte quelle risorse che non sono in vendita né si possono comprare ma che, spesso, risultano indispensabili per superare situazioni di disagio e di necessità.
Casa Santa Elisabetta propone, di fatto, un contesto familiare e comunitario allargato che le famiglie ospitate non sono in grado di avere. Qui gli ospiti possono sperimentare questa dimensione parentale-comunitaria, imparano assieme a costruirla e, siamo convinti, sapranno anche un giorno portarla nel contesto abitativo nel quale arriveranno a vivere con maggiore stima di sé e una rinnovata fiducia nel prossimo. Casa Santa Elisabetta, in definitiva, è un progetto che si pone nel mezzo tra le esperienze di co-housing e quelle dei condomini sociali, è uno spazio in cui vivere generosamente insieme un’esperienza di familiarità allargata, di socialità solidale”.
Le donne accolte vengono incontrate, prima del loro ingresso nell’alloggio, per conoscersi e insieme strutturare il progetto da realizzare nel tempo di accoglienza. Le ospiti firmano anche un “patto di accompagnamento” che include sia i programmi e le risorse impiegati da Caritas, che le azioni e i mezzi messi in campo da loro stesse per raggiungere determinati obiettivi di autonomia, stabiliti nel patto stesso. Questo, inoltre, riguarda non solo la donna ma anche i figli: per i minori possono essere attivati, al bisogno e in relazione alla condizione specifica del singolo, dei voucher educativi per fruire di attività culturali, corsi extrascolastici ed altre opportunità formative. «Investire nello specifico sui minori, in particolare» spiega Barbara Simoncelli, responsabile dell’area progetti e coordinamenti di Caritas Verona «permette di gettare le basi, o creare comunque un’occasione, per offrire maggiori opportunità. Il patto di accompagnamento mantiene le donne protagoniste attive del proprio percorso, con l’obiettivo di accrescere la propria autostima in un momento di difficoltà».
La vita del condominio è curata e stimolata da un’operatrice e da un gruppo di volontari che svolgono un lavoro di accompagnamento quotidiano; orientano alle opportunità e organizzano laboratori e attività culturali. Per le mamme e i bambini sono previste iniziative educative e formative, in una prospettiva di rafforzamento delle competenze e scoperta di talenti.
«La prima volta che ho visto la casa ero senza parole» racconta Elisa, mamma accolta con i suoi figli. «Non pensavo che stesse succedendo a me. Ero felicissima». «I bambini si sono legati tanto fra loro» aggiunge Ibtissam, un’altra mamma. «Stanno giù nella corte a giocare insieme. La cosa bella di questa coabitazione è che ci sosteniamo a vicenda».
Casa Santa Elisabetta è un punto di riferimento anche dopo il termine dell’esperienza, uno spazio ponte tra l’interno e l’esterno in cui si stimolano processi di inclusione e di crescita personale.
«I fondi 8xmille» prosegue monsignor Zampieri «rappresentano la risorsa fondamentale che ha permesso di avviare la struttura nel 2018 e che consente di fare fronte alla gestione quotidiana. Grazie ad un contributo di 500.000 euro abbiamo potuto trasformare l’immobile da monastero a casa d’accoglienza. La scelta per destinare l’8xmille è fondamentale perché non è solo una firma; dietro quel gesto ci sono storie personali, c’è un sostegno, una presa in carico, un accompagnamento. Quest’azione del cittadino è importante perché permette di realizzare una lunga serie di attività e servizi».
Le assistite arrivano tramite la rete Caritas o su segnalazione dei servizi sociali comunali; sono donne che hanno già all’attivo un percorso ma sono prive di una rete in grado di sostenerle. A Casa Santa Elisabetta trovano il supporto necessario per dare un senso alla propria vita e per offrire un’opportunità di inserimento ai propri figli che frequentano la scuola materna e le elementari.
«In Casa mettiamo al centro le esigenze dei singoli e la progettazione viene costruita insieme alla famiglia» conclude monsignor Zampieri. «Chiediamo agli ospiti di essere soggetti del loro percorso e di impegnarsi anche a servizio della collettività. Molti, una volta reinseriti nella società, continuano a sentirsi legati alla Casa e si trasformano da assistiti in volontari. Questa, per noi, è una ulteriore e bellissima vittoria».
L’ospitalità dura al massimo 24 mesi in quanto l’obiettivo dei progetti educativi, realizzati “ad hoc” per ogni nucleo familiare, è quello di permettere loro di riuscire a trovare, alla fine dell’accoglienza, un’altra soluzione abitativa e una maggiore indipendenza. Anche se questa tipologia di ospitalità costituisce una accoglienza in semi-autonomia, è prevista un’importante presenza di un operatore dedicato per facilitare la convivenza.
La struttura, che si avvale anche di altre donazioni e contributi per la propria sostenibilità, non rappresenta solo un luogo di accoglienza per famiglie che hanno già iniziato un percorso con Caritas, ma anche un crocevia di iniziative per le persone inserite in percorsi di accompagnamento su vari fronti.
È uno dei luoghi, inoltre, in cui si svolgono gli appuntamenti di “Officina Culturale”, un progetto della Caritas che spinge ad attivarsi attraverso laboratori/corsi di formazione e che crea spazi di incontro e relazione tra gli abitanti dei quartieri attraverso piccoli eventi e momenti informali.
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Fondi 8xmille: 500.000 euro per la ristrutturazione nel 2018-2019 (Recupero immobile, adattamento dell’immobile da monastero a ambiente per l’accoglienza, ristrutturazione).
▶ Aperta dal 2020
▶ 21 persone accolte (8 donne e 13 minori)
▶ 5 volontari
▶ 8 appartamenti
▶ 7 nazionalità differenti
▶ 4 laboratori attivati (giardinaggio, informatica, inglese e lettura)
▶ 24 mesi di ospitalità[/box]
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Chi può firmare?
Coloro che possiedono solo redditi di pensione, di lavoro dipendente o assimilati, attestati dal modello CU e sono esonerati dalla presentazione della dichiarazione dei redditi.
Come scegliere?
Utilizzare l’apposita scheda allegata al modello CU e: 1. nel riquadro relativo alla scelta per l’Otto per mille, firmare nella casella “Chiesa cattolica”, facendo attenzione a non invadere le altre caselle per non annullare la scelta. 2. Firmare anche nello spazio “Firma” posto in basso nella scheda. Nel caso in cui, per qualsiasi ragione, non si disponga della scheda allegata al modello CU, sarà possibile utilizzare per la scelta la apposita scheda presente all’interno del Modello REDDITI. In tal caso, negli appositi spazi della scheda dovranno essere indicati anche il Codice Fiscale e le generalità del contribuente. Per effettuare la scelta: 1. nel riquadro relativo alla scelta per l’Otto per mille, firmare nella casella “Chiesa cattolica”, facendo attenzione a non invadere le altre caselle per non annullare la scelta. 2. Firmare anche nello spazio “Firma” posto in fondo alla scheda nel riquadro “RISERVATO AI CONTRIBUENTI ESONERATI” La scheda è liberamente scaricabile dal sito internet dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it – sezione: cittadini – dichiarazioni ). I tempi e modalità di consegna sono gli stessi di quelli previsti per la scheda allegata al Modello CU.
Quando e dove consegnare?
1. Consegnare entro il 30 novembre solo la scheda con la scelta, in una busta chiusa, che deve recare cognome, nome, codice fiscale del contribuente e la dicitura “SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO, DEL CINQUE E DEL DUE PER MILLE DELL’IRPEF” (N.B.: La dicitura completa è necessaria anche se si sceglie di firmare solo per la destinazione dell’Otto per mille) secondo una delle seguenti modalità: – presso qualsiasi ufficio postale . Il servizio di ricezione è gratuito. L’ufficio postale rilascia un apposita ricevuta. – ad un intermediario abilitato alla trasmissione telematica (professionista, CAF). Gli intermediari devono rilasciare, anche se non richiesta, una ricevuta attestante l’impegno a trasmettere la scelta; inoltre hanno facoltà di accettare la scheda e possono chiedere un corrispettivo per il servizio. 2. Inoltre è possibile trasmettere la scelta direttamente via internet entro il 30 novembre.
Perché firmare?
Un piccolo gesto, una grande missione. L’8xmille non è una tassa in più, e a te non costa nulla. Con la tua firma per l’8xmille alla Chiesa cattolica potrai offrire formazione scolastica ai bambini, dare assistenza ad anziani e disabili, assicurare accoglienza ai più deboli, sostenere progetti di reinserimento lavorativo, e molto altro ancora. Come e dove firmare sulla tua dichiarazione dei redditi è molto semplice. Segui le istruzioni riportate sul sito www.8xmille.it/come-firmare.
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