Corpus Domini 2023: le parole di monsignor Gallese
«Carissimi,
Mosè dice: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi”. Il deserto è luogo di tentazione. Il deserto è luogo di prova. Gesù venne condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal demonio. Nella vita cristiana dobbiamo imparare a fare delle scelte. Fare delle scelte significa non scegliere di fare una cosa buona quando va tutto bene, ma fare delle scelte significa essere messi alla prova, umiliati, essere tentati dal demonio e scegliere, tuttavia, Dio, l’amore di Dio, la comunione con Dio.
Il testo del Vangelo che abbiamo ascoltato, tratto dal Discorso sul pane della vita, ci ha presentato delle considerazioni di Gesù, che ci dice: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Attenzione, non è un atto superstizioso, non è una condizione meccanica per cui io mangio il Corpo di Cristo, bevo il Sangue di Cristo e sono tranquillo, mi sono tolti i problemi della vita. Mangiare il Corpo di Cristo, bere il Sangue di Cristo, è qualcosa di molto più profondo. Il calice della benedizione che noi benediciamo non è forse comunione con il Sangue di Cristo?
Il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il Corpo di Cristo? Cioè, mangiare la Sua Carne e bere il suo Sangue vuol dire entrare in comunione con Cristo. E, in modo particolare, con quell’atto di Cristo, che ha dato la vita per noi e ha chiesto a noi di dare la vita per Lui e per i fratelli. Vuol dire entrare in comunione con quella azione di Cristo che offre la sua vita per noi, e fare della nostra vita un’offerta non è uno sforzo, non è un obbligo, non è una purga, non è una medicina. Nella prospettiva cristiana è una gioia: riuscire a dare la vita come Gesù è la condizione della felicità, già su questa terra.
“Questo è il mio corpo”: queste cinque parole, così profonde, sono al cuore della spiritualità eucaristica. “Questo è il mio corpo”: un corpo offerto, un corpo consegnato. E guardiamo il corpo di Cristo consegnato per noi. Carissimi, per quanto possiamo avere problemi e sofferenze nella nostra vita, nel nostro cuore, nulla mai ci potrà separare dall’amore di Dio in Cristo Gesù. E l’unica soluzione in grado di dare pace è dire insieme a Gesù: “Questo è il mio corpo”. L’unione con Cristo, l’entrare in comunione con Lui, nella prospettiva medesima di Gesù, chiedendo la sua forza per associarci alla sua offerta tramite il suo sacerdozio. Chiedendo che sia Lui a operare in noi.
“Questo è il mio corpo” dice Gesù. E anche noi dobbiamo imparare a dire: “Questo è il mio corpo”. Quando viviamo il momento intenso della Comunione eucaristica ci viene presentata la particola consacrata dicendo: “Il corpo di Cristo”. Lì, è il momento in cui noi scegliamo di prendere lo stesso percorso di Gesù. Un percorso di offerta amorosa, un percorso di donazione: l’unico percorso che porta gioia e pace alla nostra vita. Vogliamo chiedere al Signore Gesù la grazia che la nostra vita sia ogni giorno sempre più eucaristica, e quindi un rendimento di grazie a Dio per le grandi cose che Egli opera nella nostra vita. La Vergine Maria ci accompagni nel nostro peregrinare di questa sera, in modo tale che sappiamo seguire Gesù eucaristico nel suo cammino, con la sua gioia, con la sua pace. Sia lodato Gesù Cristo!».
+ Guido Gallese
Vescovo di Alessandria