Giustizia, una malata che può guarire?

Martedì di Quaresima

Un grande affresco, dai contenuti di altissima qualità e con una capacità di rendere con efficacia sia lo “sguardo d’insieme” sia la specificità dei piccoli dettagli: il tutto unito ad una profonda sapienza nel “trasformare in “comprensibili” le materie “complesse”, con una gestione esemplare persino dei “tempi” a disposizione per realizzare in modo armonico l’esperienza di fruizione dei temi veicolati da parte del numerosissimo pubblico.

Questa potrebbe essere la sintesi di ciò che si è vissuto la sera di martedì 28 marzo all’Auditorium San Baudolino. La protagonista di questo terzo e ultimo “Martedì di Quaresima” – il ciclo di incontri promossi anche quest’anno dalla Diocesi in collaborazione con il Centro di cultura dell’Università Cattolica e il Gruppo Meic di Alessandria, e con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria – è stata Margherita Cassano, Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, chiamata a portare la propria esperienza e il proprio punto di vista su un tema particolarmente impegnativo e complesso.

La straordinarietà dell’illustre Ospite – resa ancora più significativa dal fatto che a sessant’anni dalla legge che ha ammesso le donne al concorso in Magistratura, sia proprio una donna (Margherita Cassano) ad essere dallo scorso 1° marzo il giudice più alto in grado in Italia, con nomina decisa all’unanimità dal Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura – è subito apparsa evidente e inequivocabile a tutto il pubblico presente.

Dopo l’introduzione del professor Renato Balduzzi, che ha rimarcato l’ampia partecipazione all’incontro anche delle massime autorità istituzionali locali, è stato il Sindaco di Alessandria a porgere ufficialmente il saluto di benvenuto a nome della Città, sottolineando il grande interesse ad ascoltare e ad approfondire il tema proposto che risulta veramente complesso. La Presidente Margherita Cassano ha impostato il proprio intervento mediante alcune preliminari considerazioni, tutte finalizzate a focalizzare la risposta alla domanda caratterizzante il titolo: “Giustizia, una malata che può guarire?”.

In tale titolo, in effetti, rilevano tre elementi: il primo è il riferimento al concetto di “Giustizia” (da intendersi innanzitutto come “ius dicere”- giurisdizione), il secondo riguarda la parola “malata” (con tutto ciò che, in termini metaforici sia di sguardo diagnostico che di indicazioni “terapeutiche”, potrebbe comportare) e il terzo è proprio quel “punto interrogativo” che lascia in sospeso il discorso e che richiede un coinvolgimento di tutta la comunità per trovare la soluzione più efficace in termini di “cura della malata” in questione.

Se le premesse del ragionamento (alla luce anche dell’enorme esperienza “sul campo” di Margherita Cassano) hanno spaziato dai riferimenti basilari alla Carta Costituzionale e ai principi in essa contenuti più attinenti all’ambito della giustizia (principio di uguaglianza, diritto alla difesa, a un giusto processo…), molto interesse ha destato la sottolineatura che oggi, rispetto al passato, si assiste ad una sempre maggiore sovra-esposizione del potere Giudiziario – soprattutto in ambito penale – rispetto agli altri due poteri dello Stato (Legislativo ed Esecutivo). Le ragioni di tale situazione sono molteplici ma certamente rileva, per un verso, l’eccesso ormai raggiunto di norme (primarie e secondarie) che regolano ogni più minuzioso aspetto del vivere civile (e per le quali il Parlamento il più delle volte non provvede ad abrogare le norme precedenti palesemente conflittuali con le nuove) e, per altro verso, l’emergere di un atteggiamento da parte dei Cittadini di progressiva aumentata ricerca proprio di un’Autorità “terza” (il Giudice) per regolare sempre di più ciò che in passato poteva (tentare di) essere chiarito, negoziato, regolato direttamente all’interno della comunità civile per evitare l’insorgere dei conflitti.

A questa sempre più abnorme “domanda di giustizia” (maggiore in Italia che negli altri Paesi occidentali) corrisponde un funzionamento “non-fisiologico” della giustizia stessa: un potere Giudiziario che, sempre più sovente negli ultimi anni, si trova a dover decidere anche su alcuni casi (spesso veramente complessi quali, per esempio, lo stato di abbandono di minori e le condizioni per il loro affidamento…) alla luce di norme varate come frutto di “contrattualizzazioni” tra forze politiche in sede parlamentare e pertanto caratterizzate dall’utilizzo di clausole molto ampie che non consentono di avere riferimenti chiari e precisi e lasciano il Giudice solo a orientarsi tra le proprie valutazioni, le norme (generali) di riferimento e i principi di riferimento costituzionale.

Se, sotto certi aspetti, l’aumento delle cause giudiziarie può essere interpretato quale segnale positivo in quanto ampliamento delle richieste di salvaguardia dei propri diritti da parte della cittadinanza, la migliore “terapia” per far guarire la “malata” (la Giustizia italiana) è e rimane, secondo Margherita Cassano, l’impegno da parte di tutti – istituzioni, formazioni sociali e cittadini comuni – nei confronti della valorizzazione culturale e dell’investimento di energie per ricostruire un significato vero di “comunità”: quella nella quale sia favorito e sostenuto il rispetto di tutti, la capacità di ascolto, la sensibilità e attenzione alla qualità della relazione interpersonale. Questi valori – sintetizzati dalla Presidente Cassano nella formula di “antidoto culturale” – sono alla base di un corretto funzionamento della Giustizia e senza un profondo investimento su di essi la Giustizia sarà sempre in difficoltà e chiamata a sopperire più del dovuto a ciò che riguarda tutti i poteri dell’Ordinamento statuale e tutta l’intera comunità amministrata.

Le conclusioni del Vescovo, monsignor Guido Gallese, oltre ad esprimere un sincero ringraziamento all’illustre Ospite, hanno rimarcato la rilevanza dei “Martedì di Quaresima” dell’edizione 2023 e, in riferimento al tema “Giustizia”, quanto i Cristiani abbiamo in Gesù Signore colui che veramente ha sanato (anche) la giustizia (di allora… e di oggi) salvando l’umanità dal peccato con il suo essere “santo e giusto” di fronte alla palese “ingiustizia” della sua crocifissione.

Guido Astori

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