Parlano i sacerdoti che hanno celebrato i funerali
Dolore, incredulità, lacrime e silenzio. Alessandria ha vissuto così questi ultimi giorni, di fronte alla tragedia di Cantalupo. L’incidente che, nella notte tra sabato 10 e domenica 11 dicembre, ha causato la morte di tre giovani ragazzi: Denise Maspi, 15 anni, Lorenzo Vancheri, 21 anni, e Lorenzo Pantuosco, 23 anni. Dopo il dolore e l’incredulità, sono arrivate le lacrime e il silenzio dei funerali. Un momento doloroso anche per i sacerdoti che li hanno celebrati.
«Mi ha impressionato vedere l’emozione, la partecipazione al dolore della famiglia di Denise, da parte di molti ragazzi, famiglie e anche di tanti papà. E poi ho avvertito un desiderio, fatto preghiera, che questa morte tragica aiuti tutti noi, in particolare i ragazzi, a curare la qualità delle proprie relazioni e dei propri affetti». A raccontarcelo è don Mauro Mergola, che giovedì 15 dicembre a San Giuseppe Artigiano ha celebrato il funerale di Denise Maspi, la vittima più giovane.
«Ho incontrato il suo papà e la sua mamma, sono stato con loro nei giorni di attesa del funerale. Ho manifestato la vicinanza della comunità, e sarà così anche dopo che questa onda emotiva sarà passata. Ho detto che, adesso, la loro vita diventa un dono per gli amici della figlia: diventano genitori di questi ragazzi, aiutandoli ad amare la vita e a coltivare le relazioni, anche all’interno della propria famiglia». Sono stati giorni di dolore, ma anche di giudizi, come ricorda don Mauro: «Questo evento ha suscitato parole, espressioni, qualcuna forse con tentativi di giudizio. Mi ha colpito che i genitori non abbiano cercato “capri espiatori” esterni, non hanno dato colpe a nessuno. Anzi, c’è un senso di colpa che schiaccia il loro cuore. Vi prego, non giudichiamo questa famiglia, è importante».
Significativa anche l’omelia del sacerdote salesiano: «Nella predica ho ricordato che il Signore Gesù era con loro, in macchina. Lui rispetta sempre la nostra libertà, e le relative conseguenze. Il Signore orienta al bene la nostra coscienza in tutte le situazioni, sta a noi prestare ascolto allo Spirito. Certamente non è il Signore che ha chiamato a sé questi ragazzi. Anche Lui ha sofferto, come i genitori e tutti noi, di questa morte improvvisa. Perché lui è il Dio della vita e non della morte» conclude don Mauro. Il giorno seguente, venerdì 16 dicembre, anche la Chiesa di San Giovanni Evangelista era piena di palloncini, striscioni e magliette in ricordo di Lorenzo Vancheri, 21enne del quartiere Cristo. A celebrare il funerale è stato don Giuseppe Bodrati. «Provo un profondo senso di tristezza.
A cui lego una riflessione che questa tragedia ci induce a fare riguardo alla nostra fragilità: spesso dimentichiamo di essere fragili, pensando di essere padroni del mondo. E poi accadono queste tragedie e le viviamo con un senso di frustrazione. Per questo occorre mantenere vivo il senso della speranza, come ci ricorda la Sacra Scrittura, perché per noi cristiani i morti continuano a vivere. E Lorenzo è ancora vivo. Dobbiamo essere piccoli per capirlo, come si legge nel Vangelo: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”».
Difficile dare un senso a questo dramma: «Mi ha colpito molto l’omelia di don Mauro Mergola, che si è soffermato sull’azione di Dio che non si scontra mai con la nostra libertà: tante volte dimentichiamo le responsabilità delle nostre scelte, e le conseguenze. La presenza del Signore è costante, spesso gli chiediamo di stare fuori dalla nostra vita, salvo poi lamentarci del perché Lui lo faccia». E ai ragazzi che erano presenti al funerale? «Dobbiamo aiutarli a fare tesoro di questa esperienza, ricordare loro di quanto siano importanti per gli altri, e di valorizzare sempre le persone che incontrano. Perché possano crescere. Anche dentro a questa tragedia» conclude don Giuseppe.
Per la terza vittima, Lorenzo Pantuosco, 23enne, non sono stati ancora celebrati i funerali. Dopo essere stato cremato, il corpo del ragazzo è stato portato al cimitero di Castelceriolo. Qui, giovedì, si è svolto un breve momento di preghiera in forma privata con familiari e pochissimi amici. Era presente don Luciano Lombardi che, nella mattinata di sabato, ha celebrato anche un incontro di preghiera voluto dagli amici di Lorenzo: «Mi hanno chiesto di fare un momento di preghiera, aperto agli amici e a coloro che volevano partecipare. La celebrazione della Santa Messa in suffragio è stata rimandata a quando i genitori se la sentiranno».
Forti le emozioni per questi due momenti, racconta don Luciano: «Ho vissuto, da una parte, la partecipazione al dolore della famiglia e di coloro che hanno conosciuto Lorenzo. Dall’altra, la presenza e la vicinanza sincera, profonda di così tante persone: il paese e gli amici si sono uniti e sono stati insieme, sostenendosi. Un motivo di grande conforto». Un conforto, dentro al dolore e al dramma della famiglia, che diventa richiesta di aiuto. «Implicitamente mi hanno chiesto la vicinanza. Come persona, come cristiano, come sacerdote. Erano conosciuti da tante persone, soprattutto per la loro attenzione e generosità. Così, mi sono sentito di consigliare loro di continuare con questo stile, anche se può essere faticoso: il dolore spesso porta a chiuderci. Mantenere, invece, uno stile di apertura può aiutare ad attraversare la notte del dolore e andare oltre questo dramma che li ha raggiunti». Anche a don Luciano, infine, chiediamo il senso di questa tragedia.
«Nell’incontro di sabato mattina con i giovani, ho detto che è umano e reale chiedersi: “Perché è accaduto tutto questo?”. Li ho invitati a rimanere “aperti”, allargare lo sguardo, perché non è una domanda che potrà avere una risposta piena. Però mantenendo una ricerca di senso, il più possibile dentro la fede, ci saranno luci e risposte a questa domanda. È difficile dare un senso a questo dramma. Perché il mistero di Dio non è comprensibile in maniera piena. Va oltre noi».
Alessandro Venticinque