Donna di Carità, scritta con la maiuscola

Storia e virtù della Santa “americana”, infaticabile Patrona dei migranti

Le vicende storiche di Francesca Saverio Cabrini sono note all’anagrafe degli uomini ma l’avventura spirituale di questa straordinaria “Donna” è chiara nella mente di Dio e nel cuore di chi l’ama, avendone da Lei ottenuto una luce che non si lascia oscurare dalle ombre del tramonto. Santa Cabrini è stata protagonista e testimone di un momento particolarmente difficile della quotidianità di chi cercava una soluzione al proprio disagio esistenziale, soffrendo fame, miseria, solitudine, indifferenza ed era costretto seppur con enorme sacrificio a imbarcarsi verso l’avventura delle “Americhe”. Uno strazio per chi restava sulla banchina dei porti di imbarco ed altro non gli restava che sventolare un fazzoletto sfilacciato per salutare chi, a bordo delle carrette del mare o nella buia stiva di un moderno transatlantico, sotto le suole di eleganti personaggi che vantavano la loro ricchezza egoistica, salpava verso un ignoto che nella fantasia comune si identificava col sogno di una realtà che avrebbe dovuto essere più serena, felice, utile a rimediare qualche denaro da inviare in famiglia. Questa gente non aveva che la speranza di un futuro vivibile e a poco importava se sarebbe stato speso senza più Dio, un affetto o una motivazione personale. Questa gente che lasciava le radici della propria tradizione, senza più copertura di quell’humus fondato sulla famiglia, avrebbe avuto bisogno, anche se lontano da casa, di un amore spendibile nell’attesa di un raggio di luce capace di riscaldare i sentimenti ormai intorpiditi da anni di difficoltà sopportate con la rabbia nel cuore. Quella gente, sul finire del secolo dei “Risorgimenti” trovò nelle “Americhe” un Angelo consolatore delle tante trafitture dell’anima. Un angelo senza ali che si muoveva trasportato dalla bontà, dalla misericordia, dall’amore. Una donna che incarnava l’esile figura femminile, con la forza di “un uomo”, come tante volte fu definita Madre Francesca Saverio Cabrini e che avrebbe usato quella forza non certamente fisica, per alzare, alleviare, curare, carezzare un’umanità che di Lei aveva estremamente bisogno.

Quante difficoltà dovette superare, tutte intrinseche al Vangelo o meglio che nel Vangelo trovavano soluzione. Quanti tradimenti; ma non fu tradito anche quel Cuore di Cristo che si vide abbandonato da chi aveva scelto come “Primo” fra tutti gli “Amici” e da colui che intingeva nel medesimo Suo piatto e lo vendette per pochi denari? E allora avanti ancora, alla scuola di quelle ferite, di volta in volta risanate, che sarebbero diventate il tessuto col quale cucire una rete di soccorso, di progetti, di garanzie.

Quante delusioni; ma non ne ebbe per primo quel Gesù che confidava negli uomini e si vide rinnegato dai tanti che dichiaravano che erano disposti a dire di amarlo? E ancora avanti, alla scuola e sull’esperienza di quel vedersi voltare le spalle, che anziché demoralizzarla avrebbe costituito il perimetro di quella fortezza dell’anima dalla quale lanciare non sassi, ma gocce d’amore.

Quanta tristezza nelle cose umane; ma non era stato proprio Cristo a rilanciare che ogni tristezza si completa nella gioia che viene dal Padre? Sempre avanti allora, ma col sorriso sulle labbra che avrebbe affascinato con la Parola della Vita, tante giovani donne a seguire il Suo esempio e a diventare un esercito di soccorso come un “ospedale” da campo sempre pronto, sempre aperto, sempre disponibile con la braccia aperte per fasciare le ferite del corpo e soprattutto quelle dell’anima.

Quante volte madre Cabrini avrà sfogliato il Suo calendario della Carità per trovare una pagina senza impegni? Credo che se lo ha fatto, lo abbia fatto invano, perché sul calendario di Dio non ci sono giorni di festa segnati in rosso, non ci sono pause, non ci sono attimi di sosta. Su quelle pagine, per ogni giorno si ripete sempre la stessa parola: Carità, scritta sempre con la maiuscola e sempre associata a quelle caratteristiche che la prima fra le Virtù, deve avere: bontà, premura, solidarietà, sacrificio, soccorso, gioia, entusiasmo, desiderio di infinito, sempre svegli e con una cesta di pane terreno da trasformare in un cibo che non delude. Quante scarpe consumate nella sua vita di “Donna di Dio”, con i piedi sempre pronti a muovere quel corpo che vegliava in ogni istante senza riposare mai e che portava in sé i valori della pietà verso gli altri, ma non come segno di compatimento, bensì quale indice di amore senza limite. Mi piace a questo proposito riportare una frase della Santa che mi ha fatto riflettere per la sua semplicità e per la grandezza del significato che contiene: «La fiducia in Gesù è la nostra vita; e perciò bisogna sperare in Lui e nella bontà del suo Cuore contro ogni nostra speranza. Parrà che Egli dorma tante volte sopra i mali che soffriamo, ma no, Egli è desto, e vigila su di noi».
Pecetto Le ha dedicato una via, una strada che partendo da una chiesa di mattoni sale verso la collina, ma che nello spirito porta in alto, verso quegli spazi che la provvidenza di Santa Cabrini e la Mano del Signore si uniscono in un solo stupendo orizzonte: quello dell’Eternità.

Luciano Orsini