Lavoriamo perché questa Bellezza appartenga a tutti

Intervista al professor Luciano Orsini, Delegato vescovile per i Beni culturali

Alzi la mano chi di voi sa che cosa sono i Beni culturali della diocesi di Alessandria e, in misura più ampia, i Beni culturali della Chiesa cattolica. Ecco, se siete tra coloro che sono rimasti immobili non disperate: vi diamo l’opportunità di colmare la lacuna grazie al Delegato vescovile che in Diocesi si occupa di questi temi, il professor Luciano Orsini (nella foto qui sotto), Diacono permanente e stimato studioso di Storia dell’Arte.

Professor Orsini, da dove partiamo?

«Volete mettermi in difficoltà…».

In difficoltà? Perché?

«I Beni culturali presenti sull’intero Pianeta al 70 percento appartengono all’Italia. Di questi, l’80 percento sono di natura sacra. Sono dati dell’Unesco, non me li sono inventati io (sorride). Dunque, la difficoltà sta nel condensare una questione così vasta in uno spazio di poche righe».

Proviamoci lo stesso.

«Le chiese, come ebbe a dire San Giovanni XXIII, non sono dei musei, ma dei giardini fioriti: la varietà dei fiori, i loro colori e i loro profumi costituiscono la bellezza della quale ciascuno deve poter godere. Da qui la complessità del tema, che spero sarà affrontato ancora su queste pagine (sui prossimi numeri di Voce approfondiremo l’argomento, ndr)».

Bene, il tema è ampio. Proviamo a riflettere sulla nostra Diocesi, allora.

«La Diocesi di Alessandria, per sua natura e storia, è depositaria di un complesso e interessante mosaico d’arte costituito non solo dagli edifici sacri, di per sé pregevoli per la loro struttura, ma anche e soprattutto dal contenuto che ospitano».

In Diocesi esiste una struttura dedicata alla cura, tutela e valorizzazione di questi beni.

«L’ufficio per i Beni culturali opera nella nostra Diocesi già a partire dall’inizio degli Anni 80 del secolo scorso sotto l’episcopato di monsignor Ferdinando Maggioni, che lo volle introdurre partendo dalla sua esperienza maturata quale Vicario generale dell’arcidiocesi di Milano, ed è preposto soprattutto alla tutela di tutto quanto possa interessare il vasto panorama dei Beni culturali sacri. A tale proposito l’Ufficio si occupa, su segnalazione dei singoli parroci o responsabili di chiese, di provvedere alla raccolta di tutto il materiale che la normativa prevede per istruire la pratica necessaria alle varie esigenze, e inoltrarla in forza dell’accordo tra la Cei e il ministero per i Beni culturali, finalizzata alla definitiva autorizzazione rilasciata da ambo le istituzioni. Che per quanto riguarda la Diocesi, si identifica proprio nell’Ufficio del quale stiamo parlando. Quindi non solo edifici sacri, con le loro pertinenze, ma anche beni mobili e iniziative culturali a essi riferite».

Come è composto l’Ufficio dei Beni culturali?

«Sotto la mia supervisione operano l’Ufficio per gli affari correnti, la biblioteca diocesana, l’archivio storico della Curia al quale sono legati, oltre all’archivio capitolare della Cattedrale, anche quelli di tutte le parrocchie; l’Ufficio tecnico per la supervisione dei progetti presentati, o per la collaborazione nell’istruire progetti che prendano il via da questa sezione particolare dei Beni culturali, e infine il patrimonio storico-musicale della Diocesi».

Detta così, sembra quasi che in Diocesi si custodiscano tesori inestimabili.

«Confermo, e tolgo il “quasi”. La nostra Diocesi possiede un patrimonio di notevolissimo interesse, che a oggi non è ancora completamente noto ma che di volta in volta ci riserva interessanti sorprese. E questo vale soprattutto per quei beni che sono ancora sconosciuti. Per esempio, in una chiesa confraternita di Castellazzo Bormida era custodito, ignoto ai più, un rarissimo complesso statuario identificato come “Compianto”, realizzato in legno in un periodo temporale collocabile ai manufatti artistici del XV secolo. Ebbene, grazie a una indagine compiuta in occasione del censimento voluto dalla Diocesi in collaborazione con la Cei, è stato rivalutato e attualmente è in fase di un lungo, articolato e complesso restauro: quando sarà completato potremo nuovamente ridare alla fruibilità di tutti un capolavoro».

Quindi non siete dei “burocrati”…

«Certamente no. Il nostro è il consapevole ruolo di chi mette a disposizione delle prossime generazioni quello del quale noi siamo esclusivamente “provvisori responsabili”. Fede, arte, storia e tradizione non costituiscono una nostra esclusiva “proprietà”, ma sono soprattutto per coloro che, grazie al Bello, potranno vivere in una realtà che ci auguriamo trasformata».

Dunque «la Bellezza salverà il mondo»?

«Questa frase, spesso “abusata” e attribuita a molte penne che altro non hanno fatto che prenderla dalla fonte, è una splendida realtà che San Paolo ci offre perché ciascuno il Bello lo veda nell’amore del Creato. Pertanto la finalità per la quale io e i miei collaboratori lavoriamo, non senza qualche difficoltà o incomprensione, è proprio questa: che la Bellezza appartenga a tutti, grazie alla sensibilità di ciascuno».

Andrea Antonuccio

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