«Sono procedimenti che non avvengono in modo naturale, ci vuole uno sforzo»

Verso le Unità pastorali

Sabato 26 marzo alle ore 15, al Cuore Immacolato, si è ritrovata l’Unità pastorale “Spalti”. Presenti all’incontro con il vescovo i fedeli delle parrocchie interessate (Santi Apostoli, Santa Maria della Sanità, Cuore Immacolato, Madonna del Suffragio, San Paolo e San Pio V) accompagnati dai loro sacerdoti don Gino Casiraghi, don Vittorio Gatti e don Giuseppe Di Luca. Proprio a don Giuseppe, parroco di San Pio V e Cuore Immacolato, abbiamo chiesto alcune impressioni.

Don Giuseppe, come è andato l’incontro di sabato?

«Come in tutti gli altri incontri, c’erano poche persone in base al numero degli abitanti delle nostre comunità. Ma i presenti erano persone qualificate e desiderose di essere lì. Ci sono stati interventi intelligenti che hanno espresso paure e timori, soprattutto in certi contesti parrocchiali in cui è stato avviato questo cammino insieme».

Quali timori?

«La perdita dell’identità della parrocchia e la relazione con il parroco. Ma anche la difficoltà di lavorare insieme».

E il Vescovo come ha risposto a questi dubbi?

«Il Vescovo ha spiegato che questo è il momento per fare qualcosa insieme. La situazione attuale necessita di ripensare la nostra pastorale, attraverso le Unità pastorali: una scelta non solo nostra, ma anche di tante diocesi. L’idea è di ottimizzare le forze, camminare insieme e andare al cuore delle attività pastorali. Per non perdere tempo, soldi e gente, e magari anche la fede».

Come delegato vescovile per le Unità pastorali hai seguito monsignor Gallese in questi incontri. Che idea ti sei fatto?

«Penso che la gente recepisca questa scelta come eccessiva, sovradimensionata. In realtà, impegnarsi per l’Unità pastorale significa mettere in pratica quello che la logica e la carità chiedono di fare. Collaborare non dovrebbe essere discusso. Ma molti trovano sproporzionato quello che dovrebbe essere la normalità… Chiaro, tutto è difficile, ma avere uno scambio di idee, incontrarsi e camminare insieme viene percepito come “eccezionalmente straordinario”. Non è per tutti così, penso alla nostra esperienza: Cuore Immacolato e San Pio V sono anni che progettano e organizzano le attività insieme».

I tuoi parrocchiani cosa dicono?

«All’incontro hanno chiesto di lasciare il giusto tempo per fare queste cose. Loro hanno fatto questa esperienza e sanno che non tutto viene in automatico. Sono procedimenti che non avvengono in modo naturale, ci vuole uno sforzo. E poi si spera che i cuori e le menti convergano tra di loro e vengano ispirati. Su questo ho due cose da aggiungere…».

Prego.

«Questo confronto non può essere ridotto a una o due riunioni. In un’oretta non si può comprendere quali sono le esigenze delle persone. Servirebbe incontrarsi di più. E poi, seconda cosa: non dobbiamo dimenticarci di quel 99% che non partecipa a questi incontri. Bisognerà trovare un modo per far comprendere, a chi non è direttamente coinvolto nelle comunità, quello che sta accadendo. E sappiamo che una parte di queste persone si avvicinano solo se accade qualcosa. Per esempio, qualche giorno fa, a un funerale, quasi tutti hanno recitato la vecchia versione del Padre Nostro: non è scontato che se ci diciamo le cose tra noi, poi arrivino a tutti».

Alessandro Venticinque

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