Autonomie locali
Si è appena conclusa la XIII edizione della Settimana di studi sulle Autonomie locali, che dal 18 al 22 ottobre ha riunito studiosi e amministratori locali sul tema “I controlli: partner o minaccia dell’autonomia?“. Un’iniziativa, questa, che da 13 anni consecutivi si svolge nella nostra città, e la cui direzione scientifica è affidata al professor Renato Balduzzi, ordinario di Diritto costituzionale nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. E proprio a Balduzzi chiediamo di raccontarci com’è andata.
Intanto, professore, perché questo “focus” sui controlli?
«I controlli sono da sempre uno dei problemi principali della Pubblica amministrazione del nostro Paese, uno dei temi che interessano di più la vita quotidiana delle Autonomie locali. E a 20 anni dalla revisione costituzionale del 2001, uno dei punti su cui fare un bilancio riguarda proprio il sistema complessivo dei controlli, che ha risvolti operativi e pratici importanti. Per questo la risposta dei Comuni e degli enti locali a questa nostra proposta è stata di grande coinvolgimento e partecipazione».
Che cosa è emerso?
«Dalle prime risposte al questionario che, grazie anche al determinante aiuto della Prefettura, è stato distribuito, emerge che gli amministratori locali amerebbero avere controlli più “amichevoli”. Insomma, vorrebbero un controllore-partner, un affiancamento, e questo va comunicato ai “controllori”, o almeno ad alcuni di essi, come per esempio alla Corte dei conti. Avere enti locali ben controllati, quanto a buon andamento e legalità, è una garanzia per i cittadini, che spesso sentono una distanza tra i “palazzi del potere” e la vita quotidiana. Il controllore può diventare un punto di riferimento per la vita amministrativa. Nella Settimana abbiamo parlato anche di aziende sanitarie, che hanno tipologie di controlli diversi, ma lo stesso problema: quello di riuscire a qualificare sempre meglio l’attività di controllo».
Quali conclusioni avete tratto?
«Il risultato scientifico e il risultato operativo convergono in un’unica prospettiva: quella di ripensare nell’insieme il sistema dei controlli, più come partner che come “minaccia” delle Autonomie. Il che non significa abbassare la guardia, perché sappiamo bene che si può annidare la corruzione. E non è certo un caso che i lavori siano stati aperti dalla prolusione di Giuseppe Busia, presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione. I controlli vanno svolti per consentire alla buona amministrazione locale, che c’è e attende di essere riconosciuta, di poter perseguire i propri indirizzi politico-amministrativi nel rispetto della legalità. E con serenità».
Lei prima accennava a una certa “distanza” tra la gente e la politica. Che tipo di risposta si può dare a suo avviso per colmare questo distacco, che sembra aumentare progressivamente?
«Per molti cittadini la speranza che attraverso un voto possa cambiare qualcosa, in positivo, è lontana. Ci sono gli “irriducibili”, pronti a credere a tutte le favole raccontate sul web, che si rifiutano di guardare in faccia la realtà. Con loro il dialogo deve crescere, non possiamo lasciarli andare alla deriva, anche se sono una quota piccola e difficilmente recuperabile a un ragionamento di rafforzamento della coesione sociale, almeno nel breve periodo. Poi c’è una quota di cittadini che non riesce a comprendere fino in fondo che siamo sulla stessa barca, e quindi un po’ tutti dobbiamo remare perché non affondi. E infine, c’è una stragrande maggioranza di cittadini che questa percezione ce l’hanno, anche se non tutti la declinano con le procedure tradizionali della democrazia, che devono essere integrate con altri mezzi. La democrazia non è solo andare a votare, ma è anche il prendere parola direttamente, come nei referendum, senza naturalmente creare il mito della democrazia diretta, pericoloso e manipolabile. C’è anche una terza forma, ed è quella della democrazia deliberativa, in cui un certo numero di cittadini si confronta su un tema e fa proposte, con cognizione di causa, a chi poi dovrà decidere. In prospettiva, la coesione socio-politica potrà essere migliorata grazie all’utilizzazione di queste tre forme. E penso che una palestra importante sia proprio la tensione innescata dalla pandemia: una “bastonata”, certo, che però sta aiutando a portare chiarezza».
Andrea Antonuccio