Cammino di San Marco 2021
Lorenzo e un invito…
«Io non ero venuto qua come credente ma per conoscere me stesso. Per esempio, durante i momenti di preghiera ne approfittavo per scrivere i miei pensieri. Anche se non sono religioso, ho trovato tutte le prediche del Vescovo molto interessanti. Ma l’altro giorno mi è successa una cosa particolare: dopo molti anni, mentre gli altri miei compagni di avventura celebravano i Vespri, mi sono chiesto se Dio esistesse». Lorenzo Salvaneschi (a destra nella foto) ha 19 anni, è diplomato come geometra, si è immatricolato alla facoltà di Scienze Politiche all’Università degli Studi di Milano ed è uno dei due pellegrini (assieme al nostro filosofo Antonio Lizzadri) che è finito in acqua perché la canoa si è rovesciata.
Lorenzo, da non credente come sei diventato Pellegrino del cammino di San Marco?
«Conoscevo Martina, una dei pellegrini. Recentemente sono stato ad Alessandria, lei e il Vescovo mi hanno parlato del precedente Cammino di San Marco: tra racconti e foto mi sono appassionato alla vicenda e ho deciso di iscrivermi».
Cosa ti porti a casa?
«Tante cose, ma vorrei raccontarne due. Ho imparato ad apprezzare le piccole comodità, come per esempio un letto. Ho capito anche come assaporare fino in fondo i momenti con me stesso. Prima stavo molto attaccato al telefono, ora mi è caduto nel Po e non posso più consultarlo ogni due minuti (ride)».
Una cosa che mi ha stupito?
«Sicuramente la compagnia: non conoscevo nessuno quando sono partito e ora mi trovo circondato di persone molto intelligenti. Il mio compagno di canoa per molti giorni è stato Antonio: parlando con lui mi sono pentito di non aver fatto filosofia. I nostri dialoghi su fiume mi hanno stimolato tante domande. Un’altra persona che mi ha veramente sorpreso è stato Simone (il ragazzo intervistato nello scorso numero, ndr). Lo stimo davvero molto. Lui e don Gianluca, che è una delle persone più buone che io abbia incontrato negli ultimi tempi».
La forza sta nella comunità
Gloria La Barbera a novembre compirà 20 anni e studia Scienze Politiche all’Università di Bologna. Abbiamo chiesto anche a lei di raccontarci il suo Cammino. «Mi sono iscritta perché una delle mie più care amiche, Martina, e me l’ha descritta come un pellegrinaggio che ti cambia la vita».
Aveva ragione?
«Devo ammettere di sì. È un’esperienza molto “tosta” fisicamente, ma tutta questa fatica, unita alla pace dei paesaggi ti portano a riflettere. Ti fanno affrontare questioni che avevi seppellito in un angolo della mente e che ora hanno il tempo di venire a galla».
Una cosa che hai imparato grazie al Cammino?
«Io sono molto schizzinosa: ero molto preoccupata di dover dormire per terra e invece mi sono sorpresa di me stessa. Sono riuscita infatti a trovarmi a mio agio: devo ringraziare gli altri perché la vita di comunità spinge ad adattarsi a situazioni che prima pensavi impossibili».
Il fiume, maestro di vita
Carlotta Testa, responsabile del Servizio per la Pastorale giovanile e vocazionale, ci racconta il suo ritorno sul fiume.
Carlotta, cosa ti ha insegnato il fiume nella precedente edizione del 2019?
«Sicuramente a stupirmi. Avevo molte remore su questo tipo di cammino: a me piace stare con i piedi ben piantati per terra. La dimensione del fiume mi era totalmente sconosciuta. Sono partita con le mie paure, e il fiume mi ha stupito. Anzitutto per la sua bellezza, perché non lo si conosce da dentro. Solcandolo, si fa un’esperienza di calma, di contatto con la natura che difficilmente contempliamo nell’ordinario. Si ha modo di vivere i tempi dell’acqua, si impara a “respirare” a un altro ritmo: senza dubbio tutto questo aiuta a vivere un’esperienza di ricerca interiore».
E quest’anno cosa ti ha suscitato il ritorno in canoa?
«Anzitutto la sensazione di tornare a stare a contatto con la terra, di vivere in relazione alla natura, di stancarmi. Ho sofferto molto la chiusura e la sedentarietà di questo anno e mezzo. Senza dubbio poi lo stupore: io del 2019 avevo dei ricordi, ad esempio di alcuni punti del Po che erano stati un po’ impervi, e mi sono stupita di non ritrovare nulla di quello che mi ricordavo. Perché il fiume cambia sempre, dopo le piene dell’inverno. È come se fosse sempre un paesaggio nuovo, una scoperta continua da fare. I punti impervi saranno nuovi, saranno altri. Questo mi insegna molto: io vorrei sempre conoscere gli ostacoli e le fatiche che dovrò affrontare. E invece, nella scoperta di un fiume ogni volta nuovo, devo essere pronta ad accogliere quello che avviene senza poterlo prevedere».
Le tappe
Vi avevamo lasciato giovedì 22 luglio con i nostri pellegrini intenti ad attraversare la Diocesi di Piacenza-Bobbio via fiume. Da allora hanno toccato diverse altre Diocesi: Fidenza, Cremona, Mantova, Adria-Rovigo. Oggi, giovedì 29 luglio, giorno in cui esce in edicola La Voce alessandrina, troveranno ristoro a Mazzorno Sinistro, (nella Diocesi di Chioggia). Il Cammino di San Marco si conclude il 31 luglio con il ritorno ad Alessandria da Venezia.
Il Cammino sui social
Ogni giorno, su Facebook e Instagram, l’account ufficiale Cammino di San Marco racconta le avventure di questo pellegrinaggio a colpi di pagaia. Vi aspettiamo anche lì!
Zelia Pastore
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