Pellegrini lungo il fiume Po

Cammino di San Marco 2021

I numeri: 458 chilometri, 15 pellegrini (rigorosamente “Covid tested”), 13 giorni di navigazione in canoa da Alessandria a Venezia. È il Cammino di San Marco 2021, un’esperienza che riprende il filo iniziato nel 2019 e interrotto a causa della pandemia. Il pellegrinaggio parte il 19 per concludersi il 31 luglio, e noi abbiamo chiesto al nostro Vescovo, monsignor Guido Gallese, e a Carlotta Testa, responsabile della Pastorale giovanile e vocazionale della nostra diocesi, di raccontarcelo.

Partiamo da lei, Eccellenza. Perché ha deciso di riprendere in mano questo progetto? Cosa la muove?

«Mi “smuove” la forza del Cammino. La pandemia ci ha fatto rientrare in noi stessi: ora è bene uscire e mettersi in pellegrinaggio. È il momento di sperimentare una forma diversa di introspezione, partendo per un cammino che ci porterà alla tomba di San Marco, nel quale ci nutriremo della parola scritta proprio da questo evangelista, pagaieremo sulle acque e ci sarà la possibilità di rigenerare lo sguardo e lo spirito immersi nelle bellezze della natura. È una grazia poterlo fare».

Perché ha pensato e proposto questo Cammino?

«Lo abbiamo pensato e proposto perché sentivamo il bisogno di realizzare qualcosa sul territorio italiano che offrisse alcune opportunità in base a quello che abbiamo sperimentato nei parecchi cammini che abbiamo fatto. Volevamo offrire un cammino nella natura, in un percorso poco “antropizzato” e non proibitivo, a cui potessero partecipare tutti: quando nel percorso si propone ai partecipanti di scalare delle vette, inizia a diventare un po’ troppo selettivo… Si può percorrere in tre modi: a piedi, sul fiume o in bici, passando per la ciclabile Vento, pagaiando sul Po e sul Tanaro».

Quest’anno la scelta è stata di fare tutto il tragitto sul fiume.

«Si patiscono meno il caldo e le zanzare (ride). Oltre a non essere troppo difficile, il percorso sul fiume è qualcosa di originale, inconsueto e molto bello: permette di godere delle bellezze del territorio da una prospettiva insolita, è una forma di “turismo lento”. Devo ammettere che durante l’anno, quando attraverso il ponte sul Po, sento un po’ di nostalgia. Ripenso alla bellezza del paesaggio che abbiamo potuto godere passando sotto il ponte».

Che cosa chiede al Signore per questo cammino?

«Chiederò qualcosa per me e qualcosa per la mia Diocesi, che non posso rivelare (ride)».

Che aspettative ha?

«Di fare una bella esperienza di comunità e di potermi stupire, di poter guardare con gli occhi di un bambino tutto quello che vivremo. Esattamente il contrario di ciò che si intende comunemente come “aspettative”…».

Ora tocca a te, Carlotta. Ci racconti a grandi linee le tappe dei 13 giorni di Cammino?

«Il cammino ci porta a toccare diverse regioni: il Piemonte, la Lombardia, l’Emilia-Romagna e il Veneto. La partenza sarà ad Alessandria: arriveremo a Balossa Bigli, diocesi di Vigevano, e da lì toccheremo diverse altre diocesi che si “spalmano” su altre regioni. Toccheremo la diocesi di Pavia, di Lodi, passeremo per Piacenza-Bobbio, Fidenza, attraverseremo le diocesi di Cremona, Mantova, Adria-Rovigo, Chioggia per giungere alla tappa finale, l’arcidiocesi di Venezia».

Rispetto alla prima edizione del Cammino di San Marco, ci sono delle differenze?

«La differenza principale rispetto all’edizione del 2019 è il fatto che percorreremo tutto il nostro Cammino in canoa. Nella prima edizione avevamo fatto una prima parte sul fiume Po, in navigazione sulle canoe, e una seconda a piedi. Quest’anno invece partiremo da Alessandria in canoa e arriveremo con questo mezzo fino a Chioggia. Dopodiché faremo l’ultima tappa a piedi, e poi con il battello fino alla laguna di Venezia».

Chi si metterà in cammino quest’anno? Ma soprattutto, bisogna essere allenati per fare un’esperienza del genere?

«Mi sento di dire che l’allenamento principale, a cui bisogna porre attenzione, è quello della mente, del cuore e dello spirito. Non è richiesta una preparazione fisica, né una dimestichezza con la canoa. Certo, bisogna sapere un po’ nuotare e stare a contatto con l’acqua, ma per il resto non è richiesto altro se non la capacità di adattarsi e saper cogliere il bello da questa esperienza, che non esclude la fatica fisica, il sole, il caldo, il dormire in semplicità per terra, magari in una sala di un oratorio. Anche perché la bellezza del Creato che osserveremo lungo il tragitto ripagherà di tutte le fatiche, così come la bellezza dell’esperienza di gruppo, di condivisione, di riflessione e di preghiera. I partecipanti di quest’anno sono giovani, in buona parte universitari. Abbiamo anche qualche lavoratore, i nostri seminaristi e un giovane propedeuta (un ragazzo che sta verificando la propria vocazione, ndr)».

Buon cammino, buona rotta!

Zelia Pastore

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