Il figlio Marco ricorda l’architetto Visconti: Era un uomo tenace, fedele ed entusiasta

Lutto in diocesi

Abbiamo chiesto a Marco Visconti, primo dei cinque figli dell’architetto (gli altri sono, in ordine di età, Maria, Chiara, Luca e Luisa), di raccontarci qualcosa del suo amato papà.

Marco, chi era l’architetto Visconti?

«Mio padre era un entusiasta. Se gli avessero chiesto di andare sulla Luna, ci sarebbe andato. Era di una fedeltà assoluta, a volte incomprensibile tanto ci sembrava rigida. La sua intransigenza era temperata però da una francescana tolleranza».

Che tipo di padre era?

«Da piccoli lo abbiamo visto sempre un po’ troppo lontano, ma solo perché cercava lontano qualcosa di sempre più grande. Crescendo, ho apprezzato sempre di più la sua tenacia, una tenacia che sfiorava l’autolesionismo, per quanto gli costavano le sue idee e le sue passioni: il teatro, il lavoro o qualsiasi impegno che si era preso».

Non era un “pantofolaio”, insomma.

«Per nulla. Nel 2010, un paio d’anni dopo un intervento cardiaco, ci fece preoccupare non poco quando decise di andare a far visita a don Mario Gonella in Brasile. Da solo, oltretutto. Io avrei avuto paura… lui invece andò e tornò entusiasta, dicendo che avrebbe voluto rifarlo al più presto». E sul lavoro com’era? «Ho mille “flash” di vita lavorativa dal 1992, quando ho cominciato a lavorare in studio da lui. I vecchi clienti a volte mi hanno detto che glielo ricordavo… non so se era davvero così, ma mi faceva piacere. Era anche brusco, mio padre, in certe occasioni. E io non ho mai capito quanto c’entrasse la sua timidezza».

Un’immagine che hai di lui?

«Ho un paio di immagini nella mente. La prima è quella della casa di campagna dove si andava in estate. Ecco, domenica pomeriggio me lo sono rivisto seduto in cortile nel fresco notturno. Si godeva mezz’ora di solitudine, e guardava il cielo. Nella seconda immagine c’è lui che dipinge le scene per una qualche rappresentazione, nel teatro dei Frati. E lì con lui ci sono anch’io, che gli invidio la capacità di individuare la sensibilità prospettica sulla sagoma incerta di un lenzuolo».

Andrea Antonuccio

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