Vocazioni diocesane
Don Santiago Ortiz, fresco d’ordinazione, ha una devozione speciale per San Giovanni Bosco. Gli abbiamo chiesto di ripercorrere le tappe di questa sua venerazione.
Don Santiago, come e quando è nata la tua devozione a don Bosco?
«Il mio legame con don Bosco è iniziato molto presto, quando non ero nemmeno un ragazzino ed ero ancora in Colombia. Lì ci sono le Figlie di Maria Ausiliatrice, Salesiane di don Bosco. Mi è capitato un giorno di entrare in una loro scuola, e quando sono arrivato sono rimasto colpito da un grosso quadro. Raffigurava un prete che non conoscevo, più tardi avrei scoperto che si trattava di don Bosco. Ma andiamo con ordine. In quinta elementare, mi sono candidato al consiglio comunale infantile in Comune e, grazie soprattutto ai voti di quella scuola salesiana, sono stato eletto consigliere».
Poi sei giunto in Italia…
«Sì, e qui le stesse suore (Figlie di Maria Ausiliatrice, ndr) hanno insegnato a me, a mia madre e a mia zia l’italiano. In prima media, mi sono ritrovato davanti agli occhi sotto forma di statua lo stesso signore che avevo visto in Colombia in quadro. Ci tengo a dire che sono stati i Salesiani ad accogliere mia mamma in Italia. Lei faceva da mangiare all’oratorio don Bosco. Così, tutti i pomeriggi, don Gigi e Maria Cannea mi portavano al don Bosco e lì ho conosciuto l’animatore Gianmaria Buonincontro. Loro mi hanno fatto finalmente conoscere la figura di San Giovanni Bosco. Un giorno una suora me ne regalò una piccola reliquia».
E poi?
«A un certo punto volevo quasi entrare nei Salesiani, ma alla fine della fine terza media ho deciso di entrare in seminario. In seguito sono arrivato a Frugarolo, e ho scoperto che l’oratorio si chiamava san Giovanni Bosco. Nel 2012 si sono festeggiati i 100 anni dell’oratorio frugarolese, uno dei primi intitolati a don Bosco. Lì mi sono appassionato della vita di questo santo, ma è stato a Torino che ho scoperto che il quadro ammirato in Colombia era una riproduzione di quello presente nella basilica di Santa Maria Ausiliatrice. A don Bosco quella volta ho chiesto che arrivassero tanti ragazzi al centro estivo, ed è successo. A San Pio avevamo fatto il centro estivo su don Bosco per i 200 anni dalla nascita. Tutti i ragazzi si erano appassionati ed eravamo andati a vedere la sua casa a Castelnuovo. Inoltre c’era da dare un nome all’oratorio della parrocchia del Cuore Immacolato di Maria; studiando la storia di don Bosco ho scoperto che l’inventore degli oratori era stato san Filippo Neri, a cui quindi ho deciso di intitolare il ricreatorio. L’estate prima di venire a Valenza, nel cortile dell’oratorio del Cuore Immacolato con gli animatori ho inscenato uno spettacolo focalizzato sulla vita del santo. E a proposito di Valenza…».
Cosa è successo?
«A Valenza quando arrivai dovevo fare il corso animatori, ma non c’erano ragazzi. Ho chiesto a don Bosco di far andare bene il corso, portandomi dei giovani: si sono iscritti 112 ragazzi. Sono tornato da lui dicendogli: “Vero che te li ho chiesti, ma non cosi tanti”. Anche a Valenza mi sono sempre impegnato a parlare di don Bosco ai ragazzi. D’altronde, la mia tipologia di attività di animazione è di impronta salesiana, includendo preghiera, gioco e impegno nel sociale, con uno sguardo anche all’aspetto lavorativo. Don Bosco accettava tutti al suo oratorio, ma voleva che tutti andassero a Messa, quindi mi sono impegnato anche io per questo».
Che peso ha avuto don Bosco sulla tua ordinazione?
«A don Bosco ho chiesto più volte se sarei stato ordinato e se sono prete devo dire grazie a lui, in tutti i momenti in cui necessitavo conforto lui c’era. Per questo, all’Ordinazione, mi sono portato dietro la reliquia che quella suora mi aveva regalato anni fa. La grazia me l’ha fatta: ho celebrato la prima Messa il giorno dell’Immacolata, festa molto cara a lui».
La Strenna 2021 ha come tema principale la speranza. In che modo, visto anche il difficile momento che stiamo passando, si può collegare questo termine dalla vita di don Bosco alla vita che conduciamo quotidianamente?
«Don Bosco ha anticipato i tempi, è il prete piemontese per eccellenza. Quanta speranza ha dato ai giovani nel mondo, con i Salesiani! Lo scopo di don Bosco era proprio dare speranza ai ragazzi. “Mai essere tristi” diceva. La speranza era un suo tratto forte: per lui davvero nulla era impossibile. Oggi quando sembra che veramente il mondo ci stia crollando addosso, basta pensare al suo esempio. Don Bosco non aveva un carattere facile in realtà, ma nutriva una speranza cristiana, cioè vera, non un’illusione, che lo ha portato a compiere opere straordinarie».
Marco Lovisolo
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