Tre donne salesiane ci raccontano il carisma di San Giovanni Bosco

Festa di don Bosco 2021

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Giuliana Iannucci dei Salesiani cooperatori di Alessandria

«Sono una Salesiana cooperatrice: la nuova denominazione, al posto di “Cooperatrice salesiana”, mette in luce la vicinanza al carisma di don Bosco». Iniziando da questa doverosa precisazione, Giuliana Iannucci (nella foto), coordinatrice del centro dei Salesiani cooperatori di Alessandria, ci spiega i valori che segue chi riveste questo ruolo, sulla scorta di don Bosco e della Strenna 2021.

Giuliana, com’è strutturata l’Associazione Salesiani cooperatori?
«A livello organizzativo, l’Associazione possiede un consiglio mondiale e vari consigli regionali, il nostro comprende Italia, Medio Oriente e Malta. All’interno di ognuna di queste regioni vi sono diversi consigli provinciali di cui fanno parte i centri locali. Dal 2015 ad Alessandria c’è un centro locale unico di Salesiani cooperatori che comprende tre “case”: la comunità di san Giuseppe Artigiano e le due case delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ovvero l’Istituto Maria Ausiliatrice e l’Istituto Angelo Custode».

Cosa fa un Salesiano cooperatore?
«Un Salesiano cooperatore è chiamato innanzitutto a essere nella Chiesa e a seguire il carisma di don Bosco all’interno della società in cui vive. Deve essere un buon credente e un onesto cittadino, come ci insegna don Bosco, con una vocazione molto concreta. Nella quotidianità e nella famiglia il Salesiano cooperatore porta speranza e gioia e si impegna ad avere una visione sempre positiva sul futuro. San Giovanni Bosco è partito sempre dai giovani e dai bisognosi, lo stesso è chiamato a fare il cooperatore».

Che differenza c’è tra essere o non essere Salesiani cooperatori?
«Essere Salesiano cooperatore è una scelta. Implica far parte di un’Associazione, che don Bosco ha proprio voluto strutturare come tale. La prima Salesiana cooperatrice fu mamma Margherita, fonte di ispirazione per tutti noi. La scelta matura attraverso un percorso di formazione che dura due anni. Dopo questo periodo, si fa una promessa all’interno di una celebrazione, promessa che sancisce l’entrata nell’Associazione. Il percorso di formazione è anche un percorso di discernimento, in cui magari uno si rende conto di poter portare nel suo cuore don Bosco pur rimanendo fuori dall’Associazione».

Alla luce del tema della Strenna 2021, cosa viene richiesto ai Salesiani cooperatori?
«L’espressione fondamentale della Strenna 2021 è “Mossi dalla speranza”. Sia don Bosco che mamma Margherita non sono mai stati fermi ad aspettare. Muoversi per donare speranza, per donare ottimismo e fiducia: questi sono i compiti a cui è chiamato in questo tempo un Salesiano cooperatore. Questa strenna nasce da un anno che ha completamente stravolto la nostra vita, ma le persone che si sono mosse hanno sicuramente portato la speranza. Il nostro obiettivo è essere una presenza positiva, portando con noi e agli altri quella luce che ci guida. La settimana scorsa si sono tenute online le “Settimane di spiritualità”, che hanno sottolineato come la speranza è un operare che si verifica solo “uscendo da se stessi”, rivolgendosi ad altri, ma lasciandosi guidare da un Altro, con la “A” maiuscola».

Marco Lovisolo

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Suor Milena Rabino dell’istituto Gagliaudo

Ad Alessandria, le suore dell’Istituto Maria Ausiliatrice di via Gagliaudo sono una comunità storica e molto conosciuta. Hanno un legame forte con don Bosco e con madre Mazzarello. Suor Milena Rabino (nella foto), in quest’intervista, ci ha fatto immergere nel modus vivendi ispirato alla vita del santo piemontese.

Che anno è stato il 2020 per le suore di via Gagliaudo?
«Abbiamo vissuto un anno particolare perché abbiamo preparato i 100 anni dell’Istituto. Abbiamo iniziato con lo svelamento della targa che il Comune ha voluto mettere fuori dal nostro portone per il 75° anniversario del bombardamento del 5 aprile 1945. I 100 anni di storia ci hanno rimandato a rileggere le vicende delle nostre sorelle che hanno vissuto il carisma di don Bosco. In ognuna di loro c’è un pezzo del puzzle che don Bosco ha costruito: quante volte la comunità di via Gagliaudo ha cercato di aprirsi, per avere sempre quel pizzico di audacia anche nei momenti più difficili, come durante il bombardamento. L’”oggi” che noi viviamo è come un grazie vivente a queste sorelle. Negli ultimi anni, proprio come madre Mazzarello e don Bosco non ci siamo fatte scoraggiare davanti ai tanti cambiamenti, come le numerose riforme scolastiche».

E il Covid? Avete avuto dei casi in Istituto?
«A settembre abbia avuto una ventata di ottimismo grazie alla riapertura della scuola, un ritorno dopo tanti mesi che non vedevamo più i giovani. Ma presto il Covid-19 è entrato in Istituto e su 26 suore in totale in via Gagliaudo quasi 20 sono risultate positive. È stato un tempo molto difficile soprattutto per le più anziane, abbiamo una sorella di 99 anni. Da questa esperienza abbiamo capito abbiamo capito che la cosa più grande è darci coraggio a vicenda. Ne siamo uscite per Natale tutte negative e senza situazioni gravissime, solo una di noi è stata ricoverata ma, seppur a fatica, si è ripresa bene. Ci siamo accorte che prima del Covid forse non ci conoscevamo così a fondo, la difficoltà ci ha avvicinate. Cerchiamo di essere fiduciose, e cerchiamo di essere vicine ai piccoli a scuola, in particolare ai ragazzi dei corsi e ai pre-adoloscenti. Proviamo a essere non di peso ma a porci verso i ragazzi come presenze serene che offrono speranza e comprensione. Sì, anche loro devono capire cosa succede nel mondo. Don Bosco in tutto ciò ci ha insegnato molto: ha avuto il coraggio di stare vicino ai ragazzi ammalati di colera».

Che tipo di speranza è quella in cui credeva don Bosco? In cosa si differenzia da slogan vari che abbiamo visto durante questa pandemia, come “#andràtuttobene”?
«Don Bosco parla di una speranza concreta, che si costruisce tutti i giorni, nell’essere “tu” prima di tutto speranza per l’altro. Questa speranza credo sia frutto di domande di senso guardate e meditate. Noi dobbiamo fare tutto quel che possiamo nel non giudizio e nella comprensione dell’altro, dobbiamo capire che dopo il temporale tornerà sempre il sole. Una figlia di madre Mazzarello deve vivere nella speranza che ci interroga per il domani. Cerchiamo qualcosa per cui non dobbiamo dire “andrà tutto bene”, ma qualcosa che ci fornisca ideali tutti i giorni della nostra vita».

Marco Lovisolo

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 Suor Monica Odone dell’istituto casa Angelo Custode

«Il mio augurio è saper essere come don Bosco: non si è mai fatto abbattere, nonostante vivesse situazioni negative e difficili. Lui ogni volta si è alzato ed è andato avanti più forte di prima. Allora non facciamoci abbattere, ma rialziamoci e speriamo nel Signore». A dircelo è suor Monica Odone (nella foto), direttrice dell’Angelo Custode. Vediamo come, anche in questo anno così difficile, l’istituto salesiano si sta preparando a vivere la festa del Santo piemontese.

Suor Monica, quest’anno che sapore ha la festa di don Bosco?
«È sicuramente strano. A primo impatto abbiamo pensato di non poterlo festeggiare. Ma poi ci siamo detti: “Prepariamoci a vivere questo momento come tutti gli anni”. Quindi stiamo ascoltando e preparando i canti in classe con i bambini, come se ci fosse la Celebrazione in Duomo. Venerdì festeggeremo don Bosco, prima con la Messa in palestra e poi con il momento del “pane e salame”, come da tradizione. Tutto questo rispettando le norme e stando molto attenti, ma senza far pesare questa situazione ai bambini».

Ha sentito la presenza di don Bosco anche in questa situazione d’emergenza?
«Don Bosco è un modello da seguire, sempre. È davvero un padre che sento e sentiamo tutti accanto. Anche in questa situazione, tante volte ci siamo rivolti a lui. Pensando anche a quello che aveva detto ai suoi ragazzi dell’oratorio quando a Torino arrivò il colera: “Se rimanete in grazia di Dio e affidate alla Madonna, non vi succederà nulla”. Anche noi, con i nostri i bambini, ci siamo affidati al Santo salesiano affinché a nessuno di noi succedesse nulla. Nonostante i problemi e le difficoltà, nella scuola non abbiamo avuto gravi casi. Don Bosco ci ha dato la sua benedizione, mettendoci una mano sulla testa (sorride)».

Come avete affrontato la “sfida” educativa?
«Ci siamo detti che il nostro compito non poteva venire meno, e dovevamo sfruttare l’occasione per prendere quello che di buono ci stava dando la situazione. Abbiamo reimpostato il modo di fare scuola e pastorale. I cambiamenti hanno portato a soluzioni diverse, ma che si sono rivelate positive. Per esempio, dovendo stare a gruppetti più piccoli, i ragazzi hanno colto l’occasione per conoscersi meglio. Ci siamo sforzati davvero tanto per guardare il bello e il positivo, nonostante la paura e le difficoltà. E ci stiamo rendendo conto che funziona: i bambini sono sereni e contenti, e serve anche a noi adulti. Guardare il bello e non solo i problemi ci aiuta ad affrontare le cose con uno sguardo diverso».

E il 2021 come sarà?
«Continuiamo a dire che la normalità, come la ricordiamo noi, non ci sarà più. Il 2021 è una sfida: dovremo affrontare le cose in mondo diverso, reinventandoci ancora una volta. Ma questa è un’opportunità che ci viene data, per cambiare alcune cose che si erano fossilizzate e si facevano per routine. Adesso quel “si è sempre fatto così” non funziona più. Questo è l’anno del cambiamento. Adesso rimbocchiamoci le maniche!».

La Strenna 2021 s’intitola «Mossi dalla speranza: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5)». Come possiamo leggerla?
«L’impatto dopo il primo ascolto è stato quello di una ventata di speranza. Quel “ecco faccio nuove tutte le cose” non è un punto al passato, a tutto ciò che facevamo. Ma è un dire facciamo qualcosa di buono, affidandoci al Signore, con tanta speranza, senza guardare a quello che abbiamo perso, ma quello che possiamo scoprire. Nella presentazione video della Strenna c’è l’immagine dei giovani che riflettono la luce del sole. Mi piace l’idea di essere riflesso di qualcun altro. Che bello sarebbe riflettere il volto di Dio e la sua speranza. Se siamo degli specchi porteremo quella speranza e quella luce a tutto il mondo. Anche in momenti cupi come quelli che stiamo attraversando».

Alessandro Venticinque

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