Luce della Pace da Betlemme
Può una flebile fiammella percorrere chilometri e chilometri, entrare in milioni di case e portare un messaggio di pace? Solitamente, in questo periodo, chi fosse passato un sabato pomeriggio per la stazione di Alessandria, l’avrebbe trovata “invasa” da decine e decine di scout.
Quest’anno però non sarà così. Perché la Luce della Pace da Betlemme, a causa dell’emergenza sanitaria, non è giunta nel nostro Paese.
Su Voce abbiamo parlato diverse volte della Luce della Pace da Betlemme, l’iniziativa nata nel 1986 in Austria su volontà dell’emittente Orf, come simbolo di pace e di fratellanza. Da allora, ogni anno, a Betlemme nella Grotta della Natività, un bambino attinge dalla lampada ad olio che arde ininterrottamente sul luogo in cui Cristo venne al mondo. Quella fiammella vola poi in Austria e, grazie agli scout, si diffonde in tutto il territorio nazionale. Dal 1990 anche gli scout italiani la fanno propria (il primo è il Gruppo di Valenza) e, dal 1996, raggiunge tutt’Italia via treno. Quest’anno, però, il Covid ha fermato anche questa iniziativa, almeno in Italia.
Il 2020 ha mandato a monte molti piani e tantissimi progetti. Se in primavera il “lockdown” generale ha risvegliato negli italiani un senso di appartenenza e di sforzo verso un obiettivo comune, in questi mesi ha preso piede la rassegnazione, la delusione, lo sconforto. Ora la speranza pare svanita, la notte avanza e sembra che sia ancora lunga. «Sentinella, quanto resta della notte? Sentinella, quanto resta della notte?». Nasce così “Sentinelle di Speranza”, una proposta per vivere appieno il Tempo di Avvento, riscoprendo il significato della Luce: dare testimonianza della speranza che è in noi.
L’iniziativa nasce dall’Associazione guide e scout cattolici italiani del Piemonte ed è principalmente rivolta ai Rover e alle Scolte (i ragazzi e le ragazze dai 16 ai 20 anni che vivono l’esperienza scout, ndr) perché possano “leggere” i loro territori, scovando quei luoghi in cui serve portare speranza, in cui serve portare luce. Ed è ad Alessandria che si è avuta una tappa fondamentale di questo percorso. Nella chiesetta di San Rocco, nella frazione alessandrina di Villa del Foro, per tutto il 2020 la Luce della Pace da Betlemme giunta a noi è stata custodita con cura e dedizione. Così, sabato 12 dicembre, in contemporanea con la cerimonia austriaca per la Luce della Pace da Betlemme, la nostra Cattedrale è si è riempita di Rover e Scolte provenienti da diversi luoghi della provincia di Alessandria e di Asti. E tutti gli altri erano collegati in diretta streaming per poter partecipare all’evento. Ed è proprio in Cattedrale che è risuonato, in un silenzio surreale, la frase del profeta Isaia: «Sentinella, quanto resta della notte? Sentinella, quanto resta della notte?». Ad aiutare i Rover e le Scolte a far “luce” su questo brano c’era il nostro vescovo monsignor Guido Gallese.
«La Luce della Pace che portiamo nel mondo è una luce strana. Voi vedete una luce normale, ma per noi che la portiamo, per noi che “siamo luce”, è una luce molto strana. […] Certe volte, nonostante l’impegno, la buona volontà e la voglia di costruire che abbiamo e che manifestiamo, sembra che a volte le tenebre abbiano il sopravvento sulla luce. Sembra che la luce non sia la parola definitiva ma una situazione precaria che molte volte, dopo un po’ viene spenta: c’è qualcuno che ci soffia sopra. La luce, in realtà, è qualcosa di diverso, che brilla per sempre. Pure Gesù Cristo era la Luce, “E la luce è venuta nel mondo, ma le tenebre non l’hanno accolta” (cfr. Gv 1, 4). Questa luce che adesso prendete e portate a casa e diffondete in tutto il Piemonte, che bello! (sorride), non prendetela in modo troppo romantico perché sennò rimarrete delusi nel corso della vita. Non è una luce umana, è un genere di luce che da alcune persone, la maggior parte, non viene vista. Questa la vediamo, ma la luce che siete voi, non viene vista! Infatti, come è andata a finire la storia di Gesù Cristo, che è luce del mondo? […] È morto, e questa è una cosa pubblica. Che sia risorto non è stato per niente un evento pubblico! Perché è accaduto prima che il sole sorgesse, nel bel mezzo della notte, in un posto al di fuori della città, senza testimoni. E lo hanno visto soltanto quelli che già credevano in lui. Di quelli che non credevano in lui, nessuno la visto! Perciò, per il mondo, Gesù è uscito dalla storia da perdente. E ci sono degli occhi che non hanno mai visto la Sua luce. Capite cosa vi sto dicendo? Vi sto dicendo che se noi pensiamo di essere dei romantici cavalieri medievali rischiamo di rimanere delusi: non è quello che faremo che rimarrà per sempre. Non è quella la luce. Ma è quella interiore nostra, che poi si traduce in luci che accendiamo, magari non per sempre. Ma la luce interiore nostra, per quelli che hanno lo sguardo della fede, e possono guardare oltre, rimane! E brillerà fino all’eternità. […] Ora, iniziando la funzione vi guardavo (rivolto ai Rover e alle Scolte, ndr) e dicevo: “Che bello! Non li conosco e qui dentro c’è della gente che farà delle cose straordinarie! Non sappiamo chi, ma che bello! Grazie per esserci! Grazie per aver voglia di essere a disposizione, per vivere in un modo diverso. […] Andiamo avanti con questo desiderio di essere la “luce di Cristo”, una luce strana. Una luce che sembra di poterla spegnere, ma in realtà, per chi ci vede, non si spegna mai! Vi auguro di essere questa luce, grazie per volerlo essere!».
E così, dalla Cattedrale di Alessandria, da domenica 13 dicembre, ogni comunità scout si è messa in cammino, per diffondere la Luce della Pace in tutto il Piemonte. In questi giorni, a piedi, in bici o con altri mezzi, è già giunta a Torino, ad Alba, a Cuneo, a Fossano, in Val Cerrina e in diversi luoghi dell’alessandrino e dell’astigiano. Un cammino fatto non solo di “gambe”, ma anche di “cuori” e di “menti”. Perché anche questo camminare vuol dire essere “sentinelle”.
Nella nostra diocesi, i gruppi scout (Agesci, Masci insieme anche con l’Oftal) stanno elaborando diverse modalità per distribuire – in sicurezza – la Luce della Pace nelle nostre parrocchie e nelle comunità.
Giorgio Ferrazzi