“Il punto di vista” di Adriana Verardi Savorelli
La mia attenzione è per la notizia, appresa dalla tv, di un cartello esposto all’interno di un locale pubblico di una città italiana in cui è scritto che lì non si parla di Covid-19. I frequentatori sono avvertiti. Niente parole, niente proteste, niente dubbi, niente confronti, niente di niente… Il Covid resta fuori e in questo tempo in cui sovrabbondano le dettagliate informazioni riguardo al micidiale virus è davvero una novità sapere che si può parlare d’altro fra persone che s’incontrano per gustare una tazza di buon caffè o altro.
Anch’io sono tentata di non scrivere nulla sull’argomento, ma un pensiero m’insegue da qualche giorno… Ho letto, su un giornale, che l’infermiere Emanuele Moretti di trent’anni originario dello Sri Lanka in servizio presso l’ospedale di Lecco, nella primavera scorsa in piena pandemia, ha accompagnato le ultime ore di un uomo malato di Covid mostrandogli le foto dei suoi nipotini e scandendo i loro nomi fino a quando è stato in grado di comprenderli.
L’episodio è stato raccontato alle figlie da un paziente che condivideva la stanza con il loro padre, non conoscendo, però, il nome dell’infermiere. Le due donne hanno lanciato un appello sui social e così hanno rintracciato la persona che volevano ringraziare per quanto aveva fatto. L’infermiere con semplicità ha detto: «Ho fatto solo il mio dovere». Noi lo definiremmo un gesto di umanità. Sappiamo che i malati di questo virus non possono ricevere visite dei loro parenti e nella solitudine muoiono senza carezze, abbracci, parole di conforto. Un dolore senza fine per chi resta…
Una signora, che conosco, mi ha raccontato la sua esperienza. Suo marito, ricoverato d’urgenza per un intervento chirurgico presso l’ospedale, dopo un po’ di tempo si è ammalato di Covid ed è stato trasferito in un’altra struttura. Per tre interminabili mesi né lei, né la figlia, hanno potuto vedere il loro congiunto che è morto alcuni giorni fa. Ho rivisto la signora, dopo il funerale del marito, e mi ha regalato una rosa che aveva in mano. La nostra amicizia è nata da poco e credo che continuerà nel tempo. Provo tanta tenerezza per lei che dovrà abituarsi alla solitudine in casa e penso a quando, con il marito, andava a prendere i nipoti a scuola e insieme li accudivano in sostituzione dei loro genitori impegnati nel lavoro.
Ora neanche la gioia di stare più tempo con quei vivaci fanciulli perché a causa della pandemia le precauzioni sono doverose per gli anziani. Immagino la cara amica mentre gira per le stanze vuote, si ferma a guardare le foto del bel tempo passato insieme con il suo compagno di vita lunga e serena e ricorda con le lacrime agli occhi… Finché morte non vi separi… Purtroppo la morte le ha rubato il grande desiderio di stare insieme con lui negli ultimi istanti. Uomo paziente, umile, onesto, amante della famiglia che ricorderò con stima. Guardando quella rosa che mi è stata regalata penso alla bellezza… Bellezza di una vita spesa bene!
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