Intervista alla pediatra Sabrina Camilli
In questi ultimi anni sta prendendo piede il fenomeno giapponese degli Hikikomori (letteralmente “stare in disparte”). Un fenomeno, partito dal Giappone, che anche in Italia e nel resto del mondo si sta espandendo. Per capirlo meglio abbiamo chiesto alla “nostra” pediatra, Sabrina Camilli, di raccontarci di più. Per dare più spazio a questo argomento, abbiamo deciso di dividere l’intervista in tre “puntate” (leggi qui la prima puntata). Ecco la seconda…
Dottoressa, la scorsa “puntata” abbiamo introdotto l’argomento degli Hikikomori. Proseguo chiedendole: che cosa succede a livello familiare?
«Spesso l’isolamento si verifica in ambienti in cui c’è una forte competizione scolastica, tante pressioni verso una generale omologazione, ma anche madri troppo presenti e pressanti e padri deboli o assenti. Tutto questo favorisce il disagio dell’adolescente che non cerca più il conflitto, fondamentale a questa età, ma lo rifugge. Tutte le sue energie sono concentrate nel ritirarsi per potersi in qualche modo difendere da un mondo che non li accetta e non li accoglie. Al tempo stesso questi ragazzi nel mondo non vogliono diventare dei protagonisti ma semplicemente degli spettatori. In un certo senso il ritiro sociale è una forma di contestazione dell’adolescente moderno, che rifiuta la società contemporanea individualista, iper competitiva, che brucia i sogni e che crea ansia. in un mondo in cui ci sono poche aspettative e pochi posti di lavoro per i giovani, dove il consumismo è esasperato, dove conta quello che possiedi, dove si dà più rilevanza all’avere e all’apparire invece di quello che si è veramente, invece delle tue potenzialità, i tuoi sogni e le tue capacità vere».
Come ci si può rendere conto che questo fenomeno è in atto? Quali sono i sintomi di questo problema?
«Il “primo stadio” di questa forma sembra semplicemente un desiderio di dedicarsi alla tecnologia, di ricercare nel cellulare le proprie piccole soddisfazioni. In questa prima fase sembra che la “spinta motivazionale” sia la tecnologia, ma in realtà il motore di tutto è ricercare l’isolamento vero e proprio. Altri sintomi che si aggiungono sono la svogliatezza, la depressione, l’indolenza, la dipendenza dalla tecnologia e il rifiuto di ogni rapporto sociale, al di fuori di quello con altre persone che sono Hikikomori come loro e che si trovano virtualmente».
E come “avanza” questa sindrome? Qual è il secondo stadio?
«Nel momento in cui si verifica il rifiuto della scuola e del contatto sociale e la paura di uscire e di conoscere altre persone, la graduale inversione del ritmo sonno veglia, il continuo uso del device, che sia tablet cellulare o pc ci sono tutti i segnali che indicano il passaggio al secondo stadio. Tra il primo e il secondo stadio è proprio il momento in cui dobbiamo intervenire, prima che la situazione diventi poi molto stagnante, più grave e difficile da combattere. Sempre di più nel terzo stadio si perde il contatto dal mondo esterno e dai genitori. Questo periodo quando è di almeno sei mesi diventa una regressione vera e propria: aumenta sempre di più il desiderio di sparire dal mondo esterno. L’Hikikomori si ritira dalla competizione, quasi a voler dimostrare la propria presenza per sottrazione».
(continua sul prossimo numero di Voce)