Inquinamento e obesità

Intervista alla pediatra Sabrina Camilli

Dottoressa, è un caso che le Regioni italiane più colpite da Covid-19, siano le stesse ad avere anche un alto tasso d’inquinamento?
«No. Non penso che sia un caso, anzi i recenti studi hanno appurato che il maggior contagio si è avuto nelle zone maggiormente industrializzate e a più alto tasso d’inquinamento. Sembra che il Pm10 (particelle sottili, ndr) sia un ottimo vettore per il virus, ampliandone la diffusione per via aerea. Da un metro e mezzo aumenterebbe fino a 8/10 metri. Le immagini dal satellite relative alle zone inquinate e a tempo stesso colpite dalla pandemia mostravano come, durante quest’ultima, la chiusura di fabbriche e la riduzione del traffico automobilistico aveva portato a una riduzione della nube tossica presente sulla pianura padana. Dovremmo veramente impegnarci per ridurre l’inquinamento atmosferico».

La scorsa volta ha accennato alla prevenzione: a che cosa punterebbe in particolare?
«Documentandomi, in questi giorni, ho ritrovato alcuni dati allarmanti. Ma sui quali, a livello sociale, non si fa nulla. Mi riferisco al fatto che l’Italia sia al quarto posto per l’obesità infantile. E dal 1975 al 2016 la percentuale di bambini adolescenti obesi è aumentata di circa tre volte anche se ora il trend è in lieve diminuzione La cattiva alimentazione, eccessivo consumo di zuccheri e grassi e il cibo spazzatura (wurstel, patatine, cibi ricchi di grassi idrogenati e conservanti, bibite dolci), ma anche a uno stile di vita troppo sedentario sono tra le cause favorenti. Molto importante è la valutazione della circonferenza addominale e l’entità dell’aumento di peso. Purtroppo in Italia i nostri bambini non fanno ancora abbastanza attività fisica e in questo senso vi è poca promozione a livello sociale e istituzionale. Ovviamente il periodo contingente non ha per nulla alleggerito la situazione, anzi, c’è stata una maggiore rincorsa al cibo, sia per noia che per “fame nervosa”, o anche perché le mamme hanno trovato più tempo per preparare ricette, tendenzialmente ipercaloriche».

Perché preoccupa così tanto questo dato? Secondo lei ha delle ripercussioni?
«Sì, faccio un esempio. In questo periodo i nostri bambini sono stati, come noi, meno esposti alla luce del sole, con una minore fissazione di vitamina D. Proprio nei bambini in sovrappeso e obesi si ha un maggiore fabbisogno di questa vitamina, la sua carenza ha anche effetti sulla suscettibilità alle infezioni. Il sovrappeso e l’obesità predispongono a malattie organiche molto importanti, e noi pediatri sappiamo che se non si correrà al più presto ai ripari avremo un aumento di persone di 20/30 anni con diabete non insulinodipendente, ipertensione e disturbi cardiovascolari. Oggi si parla di “inflambesity”, cioè quando l’eccessivo numero di cellule di grasso determina un’infiammazione generalizzata del nostro organismo con produzione e attivazione di sostanze infiammatorie, che possono favorire infezioni o determinare malattie autoimmuni. Insomma l’obesità predispone all’infiammazione e questa a sua volta predispone all’obesità».

Quindi occorre risolvere il problema dalla radice…
«Mi duole dirlo, ma se non partiamo dalle basi, da noi e dai nostri bambini nel curare l’alimentazione, praticare quotidianamente l’attività fisica, ridurre l’abuso dei farmaci (talvolta utili e insostituibili, ma troppo abusati e dannosi), nutrire lo spirito, ricercando ciò che veramente è il bene dei nostri bambini e nostro, difficilmente riusciremo ad avere la meglio».

Leggi anche altri articoli della pediatra: