La caccia agli untori

Il #granellodisenape di Enzo Governale

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]La fotonotizia

Antonia Grimaldi è una farmacista di Salerno e in questi difficili giorni di emergenza è stata vittima di insulti da parte dei suoi concittadini. Dopo il lavoro, tornando a casa in bici con la sorella, una sera le hanno buttato addosso un secchio d’acqua e il giorno dopo una signora dal balcone ha urlato «andate a casa». «Come ci piacerebbe stare a casa, poterci proteggere di più! Invece il nostro ruolo è quello di aiutare, con il nostro lavoro di farmaciste, la salute pubblica» commenta Antonia su Facebook, e poi aggiunge. «Cerchiamo di dare il massimo con passione e dedizione. Ma abitiamo distanti dalla farmacia e dobbiamo pur tornare a casa! Lo facciamo con la bicicletta evitando di pedalare sotto i balconi per paura che qualcuno ci possa colpire pensando che siamo due irresponsabili». [/box]

 

Vivere la propria libertà responsabilmente

Non riusciamo a comprendere quale sia la differenza tra usufruire di una libertà e abusarne

In queste settimane c’è stata una ventata di “odio social” che ha colpito una categoria che solitamente non viene molto considerata, sono i runners. Qui ad Alessandria, alla sera o nei weekend è sempre stato facile incontrare molte persone allenarsi, sfogarsi o semplicemente farsi una corsetta. Nella mia incostanza, anche io posso definirmi un runner. Ci vado abbastanza spesso e per me ha l’effetto che probabilmente potrebbe avere una sigaretta per un fumatore.

Nei primi decreti non comparivano restrizioni specifiche per i corridori, i divieti erano chiaramente per gli sport di gruppo, quelli che prevedono l’assembramento di persone . «L’attività motoria all’aperto è consentita purché non in gruppo. Sono sempre vietati gli assembramenti» diceva il decreto. Contemporaneamente però sono state chiuse molte attività lavorative, molte altre hanno adottato lo smart working ed in giro si vedevano poche persone. Questo vuol dire che i famosi runners (che non sono aumentati nel frattempo) sono diventati più visibili.

Questa situazione, unita alla costante pressione mediatica dello “stare a casa”, ha creato un afflato di odio nei confronti di chiunque avesse preso l’iniziativa di correre. In questi giorni infatti, molte persone affacciate ai balconi o connesse ai social sono alla caccia di chi “infrange la legge”, con tanto di insulti e fotografie pubblicate su Facebook, per consegnare alla gogna pubblica il colpevole di tradimento. Tutto questo odio gratuito, oltre ad avermi dato fastidio (io non sono andato a correre in queste settimane) mi ha fatto pensare a quanto sia più facile sentirsi uniti se si ha un nemico comune e a quanto siamo lontani dal capire che cosa significa esercitare la propria libertà.

Forse non riusciamo a comprendere quale sia differenza tra poter usufruire di una libertà e abusarne. Se non si lavora su questo punto, come già avvenuto in passato, il rischio è quello che la libertà venga tolta a chiunque. La situazione è difficile per tutti, in pochi vivono in appartamenti grandi o hanno un balcone o un terrazzo dal quale prendere aria. Ma tutti abbiamo bisogno di un momento all’aria aperta per ragioni di equilibrio psico-fisico, ma è chiaro che mi riferisco a chi si comporta con senso di responsabilità.

Gridare indistintamente “assassino” a chiunque (come Antonia della fotonotizia qui sopra) sia in giro con il cagnolino, stia correndo o in bicicletta, serve solo ad aumentare l’odio e la paura tra le persone e purtroppo per noi è un aggregante fortissimo. Certo, dura poco, perché una volta sconfitto il nemico, abbiamo subito bisogno di trovarne un altro, fino a scoprire che potrebbe essere anche la persona che fino a ieri era dalla mia parte.

Insomma, che siano runner, ciclisti o padroni di cani, abbiamo bisogno di un nemico comune per sentirci uniti? Davvero non siamo in grado di vivere con responsabilità la nostra libertà? Provate a dire ad un fumatore che da un giorno all’altro non può più fumare, magari lì per lì, lo spirito di sacrificio ha la meglio e si dichiara pronto a rinunciare alle sigarette per il bene comune, ma certamente dopo qualche giorno lo trovereste appeso ad un muro alla ricerca di una sigaretta. Mettiamoci nelle scarpe dell’altro, proviamo a guardare il mondo come lo vede lui. Poi guardiamoci dentro, e vediamo come noi stiamo usando la nostra libertà.

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