L’Editoriale di Andrea Antonuccio
Care lettrici, cari lettori,
l’intervista al nostro vescovo e il paginone di Voce hanno un filo conduttore: il celibato sacerdotale. Se ne parla tanto, in questi giorni, anche per via della “querelle” relativa al libro a doppia firma Sarah-Ratzinger, appena uscito in Francia (ve lo raccontiamo sul paginone). Da semplice giornalista, e senza alcuna ambizione teologica, vedo che la Chiesa è sempre, sempre guidata da un Altro; e chi attacca pretestuosamente il Papa, pur atteggiandosi a “Protettore della fede” (ne abbiamo pieni i social, e non solo…), alla fine difende a malapena il proprio punto di vista. A qualcuna di queste anime belle interessa il destino della Chiesa? È questa la fede, dividersi tra Bergogliani e Ratzingeriani? Io credo di no. La fede è riconoscere una Presenza nella vita. Con sincerità e semplicità: come ha fatto fino all’ultimo Niccolò (nella foto qui sotto), un ragazzo disabile di 21 anni che a Firenze, lunedì scorso, è morto per arresto cardiaco dopo una brutta caduta avvenuta fuori dalla biblioteca dell’università.
In una lettera commovente, pubblicata su Toscanoggi.it, i suoi amici lo descrivono così: «Fedelissimo e affezionato a tutti i gesti: dalle lodi del primo mattino all’Angelus di metà giornata. […] La semplicità di cuore con cui viveva era, per chiunque lo incontrava, testimonianza di una fede reale e mai formale, che gli permetteva di vivere anche la circostanza della malattia non come una condanna, ma come occasione per approfondire il suo rapporto con Cristo». E ancora: «Inizialmente faceva fatica a chiedere una mano e sembrava che quasi si vergognasse della sua condizione. Il miracolo è stato vederlo cambiare negli anni, fino agli ultimi mesi in cui la nostra amicizia quotidiana era naturalissima». Un’amicizia quotidiana, naturalissima… La fede è semplice, cari amici, e ci cambia. La tifoseria invece è diabolica. E ci rende sempre più tristi.
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