Che cosa vuol dire fare discernimento?

La recensione

“I passi del discernere”, il nuovo libro di Amedeo Cencini edito da San Paolo

Che cosa vuol dire per una persona fare discernimento? Questa è la domana che si pone, nel suo ultimo libro, il religioso canossiano e psicoterapeuta Amedeo Cencini, docente nelle università pontificie a Roma e consultore della Congregazione per gli istituti di vita consacrata presso la Santa Sede. I passi del discernere (ed. San Paolo, pp 165, euro 15) spiega che bisogna lavorare sulla sensibilità, la cui forma estrema è la vulnerabilità: dal momento che tutti abbiamo bisogno di stima, se non ce l’abbiamo dentro la cercheremo all’esterno, anche senza accorgercene, diventando psicologicamente dipendenti da chi sembra offrircela.
Di conseguenza va tenuto presente questo fattore anche nella vita spirituale; per esempio, «la grande maggioranza degli innamoramenti nella vita del celibe consacrato nascono proprio nell’area dell’identità e della stima di sé» (p. 63). Il momento della crisi, in questa prospettiva «può trasformarsi nel presupposto necessario per un miglioramento. […]. Crisi, più precisamente, è la coscienza sofferta d’una particolare non corrispondenza tra quel che la persona è (= io attuale) e quel che dovrebbe essere (= io ideale), scarto che chiede una decisione da prendere» (p. 42). Allora «il discernimento non serve solo a gestire le crisi, ma è ciò che mette in crisi la persona» (p. 48).


Decisione è un concetto importante nel discernimento: come spiega nella prefazione il gesuita Giacomo Costa, esso rimanda alla basilare e universale esperienza dell’«essere alla ricerca del modo e dei criteri per decidere in che direzione muovere i propri passi» (p. 5). Il discernimento non può essere una mera introspezione mistica, quand’anche condivisa, ma deve condurre ad atti precisi e concreti nel cammino spirituale.
Molto spazio nel libro è dedicato proprio alle persone consacrate ma un capitolo è dedicato alle crisi coniugali. In fondo, le dinamiche sono simili perché è in gioco la capacità di amare e di vivere positivamente le relazioni ma è importante «far entrare Dio nella crisi» (p. 87), non estromettendolo stoltamente dalle fatiche della vita.