L’amore si fa (davvero) prima di fare l’amore?

IL #GRANELLODISENAPE DI ENZO GOVERNALE

L’amore si fa (davvero) prima di fare l’amore?

Cari amici, voi sapete bene che cos’è questo angolo di giornale: un seme. I semi vengono gettati, alcuni attecchiscono altri finiscono sulla strada e muoiono. Ci vuole coraggio a lanciare semi, così come a dialogare e per questo vi chiedo scusa se le mie parole sono state ambigue. Mi riferisco a questo passaggio: «Quindi è vero, non conta che sia uomo o donna, conta che tu sappia amare e sappia farti amare. Contano le persone e in questo caso non ci sono diversità». Questa frase vuole semplicemente riconoscere che l’omoaffettività è una realtà e che stiamo parlando di persone. Per questo non possiamo non tenerne conto: non si vuole dare nuove regole, ma ricondurre all’idea che l’amore è parte della persona. Conosco bene quello che dice la Chiesa in materia di omosessualità; e infatti il granello parla di affettività e non di sessualità. Il campo del dialogo quindi non è la procreazione, ma l’affettività e come questa si sviluppa nell’uomo, indifferentemente dall’orientamento sessuale. Per questo scrivo che «non ci sono diversità». Non importa che tu sia etero oppure no; è il discernimento che costruisce la tua affettività, le persone che incontri. Non posso e non voglio giudicare l’affettività degli altri, ma posso chiedere come nasce e da dove parte questo amore, posso amare restando vicino. Posso dire che l’amore che non genera vita non è Amore, ma non posso non  amare chi non può generare. Non entro nel tema etico della sessualità perché non ho le competenze per affrontarlo, ma l’oggettività della procreazione rimane.

Aprirsi agli altri non vuol dire relativizzare la vita cristiana, non significa annacquare Gesù, significa amare gli uni e gli altri: anche se nell’errore, nella difficoltà, anche se diversi. Ricordo ancora oggi il coraggio che mi ha dato quella piccola nota nel capitolo VIII di “Amoris Laetitia”. Una nota che non ha cambiato le regole della Chiesa nei confronti del divorzio, ma ha aperto le braccia verso chi, come me, vuole esserne parte per amore di Dio e dei fratelli, anche se “fuori” dalle regole. Chiedo quindi a voi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, laici, di venire qui in redazione e raccontarci cosa credete sia importante mettere in discussione; diteci quando sbagliamo, senza fare troppi giri, perché il pensiero di tutti concorra nel dare forma a questo tema così inafferrabile ma anche così presente nella società e nella Chiesa, perché sia possibile accogliere e non abbandonare i nostri fratelli a bordo di barconi di indifferenza che galleggiano su un mare di ipocrisia. Perdonateci se a volte non siamo “canonici”, ma il cambiamento, nel dialogo, parte anche da qui: da un seme gettato e caduto un po’ più in là.

Enzo Governale
@cipEnzo