AlPride: «Chiediamo ai cattolici di capirci»

AlPride: «Chiediamo ai cattolici di capirci»

Sabato 1° giugno ad Alessandria si è svolto il primo “Pride” alessandrino. L’evento, partito da viale della Repubblica, ha coinvolto l’intera città arrivando sino al ponte Meier. Anche noi di Voce c’eravamo e abbiamo voluto raccogliere qualche impressione a caldo.

Il primo con cui scambiamo due parole è Riccardo, 31 anni, che si dichiara bisessuale: «Per me il “Pride” è una manifestazione di orgoglio, lo dice la parola stessa, ma è anche un momento in cui esplode una lotta per la rivendicazione dei diritti. Oggi scendono in piazza non solo le persone Lgbt (Lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ndr), ma anche tutti quelli che vogliono appoggiare questo tipo di idea». La nostra società, secondo Riccardo «si è ammorbidita negli anni, anche se il problema peggiore rimane il pregiudizio delle persone che ci classificano come pericolosi, da reprimere, da spostare e da non vedere». E la Chiesa cattolica? «La Chiesa non si è mai espressa in modo specifico, a meno che una persona Lgbt rispettasse le indicazioni precise nel proprio percorso di fede. Credo che una manifestazione in cui ci si toglie di dosso il velo di omertà e paura, e ci si mostra davvero per come si è, possa davvero far paura alla Chiesa». Salutiamo Riccardo con un’ultima domanda: se avessi papa Francesco qui davanti cosa gli suggeriresti? «Io non sento il bisogno che la Chiesa approvi la mia bisessualità e il mio stile di vita. Ma al Papa direi di parlare con le persone Lgbt cattoliche per potersi confrontare».

Poco più avanti incontriamo Manuela, 21 anni, anche lei bisessuale: «Io non sono credente, ma come io non giudico chi è di fede cattolica, così allo stesso modo la Chiesa non deve giudicarci». E aggiunge: «Chiediamo ai cattolici di fare uno sforzo per capirci un po’ di più. Anche solo passare del tempo per conoscerci personalmente e avere una percezione della singola persona, non della massa. Perché ognuno ha la propria storia».

Tra le bandiere e i colori raggiungiamo Giuseppe, 21 anni, e la sua fidanzata: «Sono qui perché non esiste una differenza e partecipo al “Pride” per evitare che ci sia discriminazione dei diritti». Secondo il giovane, la società di oggi mette in contrasto “Pride” e “Family day”, «ma in realtà il primo aggiunge diritti, mentre l’altro li vuole togliere». E se il Papa fosse qui? «Io non parlerei di questo, perché capisco che per il suo ruolo non può essere totalmente a favore di una famiglia che non rispecchia i valori cristiani. Ma chiederei alla Chiesa di non fare commenti» conclude Giuseppe.

«C’è proprio bisogno di sensibilizzare sui temi dell’accoglienza e del riconoscimento delle diversità» ci racconta Elsa, 56 anni, etero. Mentre sulla posizione della Chiesa aggiunge: «C’è una sfera personale in cui nessuno può mettere becco, per cui è doveroso sospendere il giudizio. Direi che la Chiesa ha avuto situazioni scabrose in merito a questo tema, quindi chiedo di partire da un atteggiamento di tolleranza».

Il corteo sta per iniziare e facciamo ancora in tempo a raggiungere Emiliano, 49 anni, etero, che è al “Pride” con la figlia di sei anni: «Viste le ultime esternazioni politiche credo che sia doveroso manifestare per questi temi». E sulla famiglia aggiunge: «La famiglia tradizionale è dove c’è amore. Sia che si parli di amore tra uomini o tra donne. Se vivono bene la loro sessualità e c’è amore non vedo il problema».

Infine scambiamo due parole anche con Denise, 15 anni, lesbica: «Credo che esprimere i propri diritti ti renda più felice, anche con gli altri. Alla Chiesa non chiedo di accettarci, ma di avere rispetto».

foto prese dalla pagina Facebook di “Non una di meno”