Una prestigiosa trasmissione televisiva ha recentemente sollevato il problema della riservatezza circa gli assistenti vocali, gli apparecchi di ultima generazione che interagiscono con chi rivolge loro la parola. Il quesito è: ma come fanno a rispondere se non sono sempre accesi? E se sono sempre accesi, captano ogni dialogo che avviene nella stanza? Se sì, lo registrano? Lo trasmettono a qualcuno? Sono domande delicatissime, che entrano sempre più nelle pieghe del quotidiano a mano a mano che si diffonde il cosiddetto “internet delle cose”, ossia il rapporto tra web e prodotti domestici azionati, ad esempio, via cellulare. Il filosofo Adriano Fabris affronta con competenza e chiarezza questi argomenti in “Etica per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione” (Carocci, pp 127, euro 13). Lo scopo della ricerca è esplicitato fin dall’inizio: «chiarire quali siano propriamente, per l’essere umano, i modi migliori, cioè quelli più corretti e più buoni, di rapportarsi oggi» ai nuovi media. Si chiarisce innanzi tutto che comunicare «significa dischiudere e promuovere uno spazio comune fra i vari interlocutori»: dunque comunicare vuol dire agire e l’agire, come si sa, è intrinsecamente connotato eticamente poiché chiama in causa la libertà e la responsabilità del soggetto. I nuovi dispositivi permettono di “abitare” in più realtà contemporaneamente e per questo dimentichiamo di verificare lo scopo e le conseguenze del loro utilizzo. Il nostro contatto con la realtà viene sempre più filtrato dallo smartphone e a volte anche sostituito: che pensare quando al ristorante si vedono persone abbondantemente adulte intente ognuna a trafficare sul proprio cellulare anziché interloquire con il commensale? In pratica la comunicazione si è così trasformata dal “mettere in comune”, tipico del mondo antico e medievale, al “trasmettere dati” novecentesco all’“accedere a una rete comunicativa globale” dei nostri giorni. Ecco perché si parla ormai di «infosfera» per designare il mondo comunicativo in cui tutti siamo immersi e da cui spesso siamo sommersi. Il testo propone di mantenere vivo l’afflato etico nell’affrontare queste problematiche soprattutto per tutelare la dignità e la libertà delle persone. Prendendo in mano il telefonino o accendendo il computer ricordiamoci che si gioca anche il nostro valore e il nostro essere persone libere.
Fabrizio Casazza