La recensione – Giornalismo dell’alba

Ricorre oggi la memoria del santo vescovo Francesco di Sales, morto nel 1622, patrono dei giornalisti. Per questo presentiamo un libro dedicato al mondo che una volta si definiva della “carta stampata”, ma che oggi conosce una pluralità di canali e modalità espressive. Piero Damosso, torinese, caporedattore centrale del TG1, riflette su questi temi in Giornalismo dell’alba, da poco pubblicato dalle edizioni San Paolo (pp 190, euro 20).

Il sottotitolo chiarisce bene la prospettiva attraverso cui il testo vuole condurre il lettore: Storie, responsabilità e regole per un’informazione di dialogo. Se l’alba è il momento dello sguardo limpido, scevro di preconcetti, aperto alle novità, il giornalismo dell’alba è quello che cerca di plasmare un mondo in cui si sa vivere bene insieme, purificando l’occhio e la lingua dal rancore, dall’invidia e dalla violenza. D’altronde il «mondo immaginato dai media contribuisce a determinare quello che la gente andrà a credere» (p. 18). Sicuramente i notevoli cambiamenti tecnologici hanno indotto significativi mutamenti nello spazio comunicativo: «oggi il giornalismo è partecipativo e decentrato» (p. 42). Basta avere in mano un cellulare per filmare e fotografare. Ecco perché diventa sempre più cruciale il suo apporto nella costruzione di relazioni positive, reti sociali buone e sistemi democratici: infatti «buon giornalismo e buona democrazia procedono di pari passo» (p. 73). Ciò non può peraltro avvenire senza una rinnovata passione per la ricerca non dello scoop a tutti i costi ma della verità dei fatti, che è anche richiamata dalle norme deontologiche della professione. È importante specificare che la verità non può essere usata come una clava verso gli altri.

Una parola che non può mancare in un sano giornalismo è, in effetti, fraternità: del resto l’obiettivo ultimo «della comunicazione è di contribuire alla realizzazione dell’unità della famiglia umana» (p. 107), a partire da un decentramento interiore che porta a scommettere sul dialogo e sull’incontro. Di questo ambizioso programma di rinnovamento del giornalismo discutono a chiusura del volume tre direttori, intervistati dall’autore alcuni anni fa: Ezio Mauro, Enrico Mentana e Mario Calabresi. Nella varietà degli approcci e delle sensibilità, emergono alcuni punti in comune: il diritto a essere correttamente informati per partecipare sensatamente alla vita pubblica, la tensione tra la descrizione della realtà nei suoi lati negativi e l’impegno per far affiorare quelli positivi, il rispetto della dignità della persona come frontiera insuperabile, l’impegno a crescere in credibilità da parte degli operatori, lo sforzo di distinguere e contestualizzare per dare il giusto rilievo ai fatti. A leggere queste categorie, c’è solo da augurarsi che questo giornalismo dell’alba arrivi presto.

Fabrizio Casazza

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