In salute – A difesa del cuore

I brindisi e i banchetti delle feste, oltre a qualche chilo in più, possono regalare anche una spiacevole impennata del colesterolo. A confermarlo è un’indagine condotta dall’università di Copenhagen, pubblicata sulla rivista scientifica Atherosclerosis, che ha coinvolto 25mila danesi circa dimostrando come, dopo le feste, il colesterolo si innalzi di un quinto per nove persone su dieci. Abitudini alimentari scorrette a parte, nell’ipercolesterolemia gioca un ruolo chiave la proteina PCSK9 e, grazie a questa scoperta di pochi anni fa, gli anticorpi monoclonali in grado di disattivarla consentono oggi di ridurre il colesterolo (“cattivo”) Ldl fino al 60-70%, specie nelle forme più severe e resistenti al trattamento con i farmaci tradizionali. Ora però questa proteina torna sotto i riflettori della ricerca in quanto l’inibizione della sua azione può produrre effetti benefici per il cuore anche attraverso altri meccanismi che vanno oltre al metabolismo dei lipidi. Le prime conferme provengono da due studi internazionali guidati dal Centro cardiologico Monzino e dall’Università di Milano, pubblicati su Jacc (Journal of the American College of Cardiology) e condotti da Marina Camera, responsabile dell’Unità di ricerca di biologia cellulare e molecolare cardiovascolare del Monzino e professore di farmacologia all’Università di Milano e da Paolo Poggio, responsabile dell’Unità per lo studio delle patologie aortiche, valvolari e coronariche dell’Irccs milanese.

I ricercatori hanno avviato studi in vitro ed ex vivo, partendo dalla già nota osservazione del fatto che un elevato livello di PCSK9 nel sangue fosse predittore di eventi cardiovascolari nei pazienti con malattia coronarica e fibrillazione atriale e dai risultati di uno studio genomico che rilevava una correlazione fra alti livelli della proteina e la presenza di stenosi calcifica della valvola aortica. “Ne è emerso un esito sorprendente e cioè che PCSK9 ha un ruolo cruciale nell’attivazione delle piastrine umane, nella loro capacità di aggregarsi formando i trombi che, a loro volta, provocano infarti e ictus”, spiega Camera. “Questo potrebbe essere pertanto uno dei meccanismi responsabili della maggior incidenza di eventi cardiovascolari riscontrati nei pazienti affetti da patologia coronarica e fibrillazione atriale”.

Inoltre, le ricerche hanno evidenziato un effetto diretto di PCSK9 sullo sviluppo e la progressione della stenosi calcifica della valvola aortica, una patologia che finora non ha trattamenti medici in grado di prevenirla o fermarne la progressione e l’unica possibilità rimane l’intervento chirurgico o percutaneo (Tavi). “Per questa ragione guardiamo con speranza alla prospettiva che l’inibizione di PCSK9 possa rappresentare una nuova opportunità terapeutica: significherebbe segnare una svolta nel trattamento di una malattia degenerativa che è piuttosto comune nella popolazione anziana”, aggiunge Poggio. “Nei paesi sviluppati la stima raggiunge il 7% negli over 65 e il numero è in crescita, considerando l’invecchiamento della popolazione”. I risultati ottenuti finora derivano da ricerche precliniche iniziali, ma sono già in corso ulteriori studi presso il Monzino per arrivare a definire nuove strategie terapeutiche.

Elena Correggia

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