Care lettrici, cari lettori, a pagina 12 troverete due lettere sul mio editoriale dello scorso numero, che ha provocato diverse reazioni. Non ho risposto perché non voglio avere l’ultima parola: aspetto i vostri contributi. Una cosa però vorrei dirla, perché alla fine è ciò a cui tengo di più. Partiamo da questa citazione di papa Francesco (già “usata” nell’ultimo numero): «L’annuncio di tipo missionario si concentra sull’essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus». Ma che cos’è questo “essenziale”? L’essenziale, per me, è ciò che mi ha fatto ardere il cuore più di trent’anni fa, quando ho incontrato persone innamorate di Cristo. E me lo fa ardere ancora oggi, in questo preciso istante, proprio come ai discepoli di Emmaus. L’essenziale si rivela negli amici che accolgono in affido (o adottano) bambini senza famiglia, per una sovrabbondanza di Cristo (l’essenziale!) nella loro vita. L’essenziale si rivela nell’amico seminarista che sta per partire in missione, nella mamma che insegna una preghiera con lo stesso amore con cui lava i piatti. Nei figli, che cominciano a guardarti con stima perché intravedono ciò per cui stai dando la vita. L’essenziale fa ardere il cuore, e il cuore che arde è la cosa meno astratta del mondo, è più concreta di tante nostre belle e sante iniziative. Questo essenziale rende più umana la vita e lo fa, come ha detto Benedetto XVI, con il “metodo sommesso” di Dio: Egli ha mandato il Figlio a cambiare il mondo (cioè il cuore) partendo dalla periferia dell’Impero, non da Roma. Noi avremmo fatto lo stesso? Se non partiamo da qui, da una presenza che fa ardere il cuore, tutto ciò in cui ci impegneremo ci lascerà solo una grande amarezza.
Andrea Antonuccio
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