Domenica 23 torna l’appuntamento con “Insieme al traguardo”, giunto alla 15a edizione. L’evento avrà inizio alle 9.30 con l’accoglienza dei gruppi all’oratorio don Luigi Frascarolo, a Valenza. Alle 11 sarà celebrata la Santa Messa, a cui seguirà il pranzo. Dalle 14, giochi di squadra e, alle 17, merenda e premiazioni. Emanuela Bartoli, presidente della onlus “Insieme al traguardo”, ci racconta la sua esperienza.
Emanuela, come è nata questa giornata?
«È nata sotto ispirazione di una festa di Verona dove si organizzavano giochi per disabili a livello sportivo a cui le persone e i gruppi di volontariato possono partecipare. Il fondatore di “Insieme al traguardo”, Piero Piccioni, che ha sempre fatto parte del Csi come socio, l’ha proposta agli altri responsabili di “Vivere insieme”, associazione che lavora con i ragazzi disabili di Valenza».
È cambiata nel tempo?
«Ha perso l’aspetto competitivo. Da giornata sportiva è diventata una giornata di giochi, sempre con uno sfondo che sfrutta un minimo di mobilità e abilità, ovviamente supportata dagli assistenti».
Che cosa avete imparato, organizzandola?
«Sono attività che arricchiscono sul piano relazionale. È diventata un’occasione di unione nel volontariato: può capitare che associazioni che si sono conosciute durante la manifestazione abbiano mantenuto i contatti per organizzare altre feste. Insomma, abbiamo imparato a relazionarci meglio».
A chi è rivolto “Insieme al traguardo”?
«Il gioco è rivolto alle associazioni di volontariato che lavorano con persone con difficoltà. Però chiunque voglia può partecipare come collaboratore. C’è tanto da fare: i panini in cucina, il caffè, distribuire le bottigliette d’acqua… o anche solo chiacchierare, giocare, divertirsi insieme. Io sono la prima! Anche come approccio iniziale al mondo della disabilità, è una bella realtà. Per esempio, sono venute delle amiche di mia figlia negli anni scorsi. All’inizio avevano paura anche solo di dare la mano a un ragazzo su una sedia a rotelle, poi si sono “sciolti”. In effetti, gli adolescenti sono più bloccati, mentre i più piccoli sono più istintivi e non hanno problemi».
Che cosa vi dà ogni anno, umanamente parlando?
«Una frase che ripetiamo spesso è: “Tu pensi di andare per dare, invece alla fine ne esci più arricchito di prima”. Sei arricchito di conoscenza, di un affetto diverso che non si può esprimere. E si creano dei legami di amicizia molto forti tra i volontari, che vanno oltre il rapporto che può esserci tra compagni di squadra. Sono rapporti che crescono inarrestabili, se si è insieme tutto l’anno durante le attività, ma anche se ci si vede di rado. C’è sempre quel qualcosa in più, un sapore diverso».
Alessia Ghibaudi