Fare il bene non è una roba da professionisti – l’Editoriale di Andrea Antonuccio

Care lettrici, cari lettori, abbiamo deciso di dedicare il nostro paginone centrale al “Report 2017” della Caritas diocesana. Sono tanti i numeri (e le opere “segno”) che descrivono un movimento, a volte visibile, a volte nascosto, di uomini e donne che non abbandonano il fratello in diffi coltà: lo nutrono, gli danno un letto e dei vestiti, lo curano se è il caso; ma, soprattutto, lo ascoltano. Forse la carità più grande, e anche più diffi cile, è proprio questa: guardare in faccia chi abbiamo davanti, aprire bene le orecchie e dare gratuitamente il nostro tempo. Per questo ho grande stima di chi opera in Caritas, e anche di chi si impegna in altre realtà simili. La nostra città è piena di gente “grande”, che sa ascoltare. Mi sembra che la carità non sia un mestiere, o un modo assai nobile di occupare il tempo libero. In ballo, in realtà, c’è molto di più. Lo sguardo che abbiamo sulla vita, nella routine delle nostre giornate, può cambiare. Può diventare più intelligente, più vero e più accogliente perché viene educato, nell’aiuto all’altro, a considerare più cose. A mettersi nei panni di chi la pensa diversamente; di chi non può permettersi quello che sembra scontato; di chi ha sperimentato quelle asprezze della vita che a noi, per ora, sono state risparmiate. La carità può aprire gli occhi e il cuore: è l’aspetto visibile di una sovrabbondanza, per cui quello che si fa è un atto di amore, prima ancora che di generosità. Non è una roba da professionisti, insomma: è un’esperienza a cui tutti possono partecipare, e che abbiamo provato a raccontare sul numero di questa settimana. Buona lettura!

Andrea Antonuccio
direttore@lavocealessandrina.it

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