Care lettrici, cari lettori,
apriamo questo numero di Voce con una intervista a tutto campo del nostro Alessandro Venticinque a Santiago Ortiz, che sabato 5 maggio ha ricevuto l’ordine del diaconato in duomo a Valenza. Abbiamo chiesto a Santiago di raccontarci la sua vita, da Medellín ad Alessandria: vi invitiamo a leggerla, è una bella storia di fede. Voltando pagina, la parte centrale del giornale è dedicata ad Aldo Moro, nel quarantennale della morte. Non ci siamo soffermati, come quasi tutti i media in questo periodo, sulle dietrologie che la vicenda continua inevitabilmente a trascinare con sé. Ci è sembrato più interessante provare a esplorare il Moro “di famiglia”. Per questo abbiamo interpellato Luca Moro, nipote dello statista democristiano, che ci ha raccontato i suoi ricordi di un nonno così “speciale”. Per noi di Voce questa è stata l’occasione per andare a rileggere le lettere di Moro scritte durante il suo rapimento, in special modo quelle rivolte all’amatissimo nipote Luca. Per me, lo confesso, le lettere e l’intervista a Luca Moro sono state esperienze molto significative, umanamente e professionalmente. Professionalmente, perché l’intervista al nipote di Aldo Moro è un piccolo scoop (Luca di solito non rilascia interviste); umanamente, perché in certe lettere ho trovato accenti di quella drammatica tenerezza che solo una fede vera, non appiccicata, può suscitare. Ma ho scorto anche la certezza che nulla finisce veramente. Soprattutto in queste parole, tratte dalla lettera in cui il politico democristiano, ormai consapevole del suo destino, si congeda dalla famiglia: “Ci rivedremo, ci ritroveremo, ci riameremo”.
Andrea Antonuccio
direttore@lavocealessandrina.it