Nella giornata di venerdì 3 maggio 1168, Rodolfo Nebia, Aleramo da Marengo e Oberto di Foro, in qualità di consoli delegati, portarono ai rettori della Lega Lombarda, riuniti a Lodi, l’adesione di una nuova città, che in onore di papa Alessandro III (al secolo Rolando Bandinelli) aveva assunto il nome Alessandria. Era la prima volta che quest’ultima compariva su un documento ufficiale, e pertanto tale data viene convenzionalmente ritenuta quella fondativa. In realtà, la civitas nova aveva già raggiunto una sua configurazione topografica e urbanistica ed era altresì strutturata secondo un sistema comunale consolare. Dal testo del reclamo di Federico I contro Cremona (1184), si evince, infatti, che un primo momento associativo derivò dai tre centri demici di Gamondio, Marengo e Bergoglio. Ad avviso del noto studioso Fausto Bima, si aggiunsero, attraverso un processo di aggregazione spontanea, graduale, senza piani prestabiliti, gli abitanti di Rovereto, Solero, Villa del Foro (l’antica Forum Fulvii), Oviglio, oltre a quaranta famiglie di Quargnento. Molto probabilmente le popolazioni furono supportate economicamente dalla Compagna Communis di Genova e beneficiarono della protezione della Lega Lombarda, in contrasto con il marchese Guglielmo il vecchio, zio e principale alleato del Barbarossa. All’insediamento dell’urbs concorsero inizialmente gruppi di diversa qualificazione sociale: contadini e milites ovvero populares e nobiles. Come ebbero a sostenere Sigerico e Romualdo Salernitano, si trattò di uomini sottomessi al marchese del Monferrato che decisero di rompere gli schemi feudali per organizzarsi insieme in un nuovo nucleo abitativo. Si concentrano nella zona di Palea, vale a dire la pietraia fluviale alla confluenza tra la Bormida e il Tanaro ovvero nel punto più alto al riparo delle frequenti inondazioni, che quindi potrebbe essere stato l’effettivo luogo di fondazione di Alessandria. Altri autori ritengono invece che sia sorta intorno alla chiesa romanica di Santa Maria di Castello all’interno della curtis regia di Rovereto. L’area incolta di Palea rientrava comunque nella circoscrizione di Roboretum; diverse fonti dell’epoca confermano l’utilizzo dell’alternanza dei toponimi di Palea e Rovereto per indicare l’ubicazione esatta della primigenia città. In ogni caso, si trattò di un’occupazione arbitraria di una regione di pertinenza del marchesato monferrino e dipendente per vincoli feudali dai Marchesi del Bosco. Per di più, la costruzione di una città senza l’autorizzazione della suprema autorità imperiale era indubbiamente un’operazione con tutti i crismi dell’illegalità!
Mauro Remotti