La fondazione di Alessandria

Proprio oggi, giovedì 3 maggio, si celebrano gli 850 anni della fondazione di Alessandria, in ricordo di quel 3 di maggio 1168 che segna il battesimo della nostra città. Gli inizi, lo sappiamo bene, furono sostenuti dalla Lega lombarda, federazione di comuni appoggiata dal papa Alessandro III e in lotta contro l’imperatore Federico Barbarossa. Proprio in onore di quel papa, la nostra città prese il suo nome. Alessandria, scriveva Umberto Eco, «non è stata fondata da un giorno all’altro come vuole la leggenda. È stata un’impresa collettiva, lenta, faticosa, risultato di collaborazione da parte di genti diverse». Effettivamente il nuovo nucleo urbano derivava dall’unione di popolazioni varie provenienti dalla zona: specialmente da Gamondio (Castellazzo), Marengo (dalle parti di Spinetta) e Bergoglio (nell’area dell’attuale Cittadella), ma anche da Solero, Villa del Foro, Oviglio e Quargnento. Gli “immigrati” si unirono così alla popolazione che già stava a Rovereto (attorno all’antica Santa Maria di Castello, per intenderci). Queste operazioni di fondazione furono sostenute politicamente ed economicamente dalla Repubblica di Genova (che cercava alleati nella pianura per il libero passaggio delle proprie merci) e dai comuni della Lega lombarda, in contrasto con i marchesi di Monferrato, alleati di Federico Barbarossa. Negli anni successivi, sotto la minaccia dell’invasione da parte dell’imperatore, gli uomini più in vista della nuova città ottennero nuovamente l’aiuto di Genova, del papa e della Lega lombarda, che riteneva Alessandria un simbolo della propria potenza e della lotta antimperiale, per costruire le mura di fortifi cazione e così resistere al lungo assedio di Federico Barbarossa (ottobre 1174–aprile 1175). Anche i bambini da noi sanno che nacque in quella circostanza la leggenda dell’imperatore beff ato dall’astuto Gagliaudo, che fece uscire dalla città la propria mucca ben rimpinzata con l’ultimo sacco di grano rimasto: i soldati, anch’essi alla fame, fecero subito fuori la povera vacca e, visto lo stomaco colmo di grano, si convinsero che la città, in realtà sfinita e alla disperazione, disponesse ancora di enormi provviste. Così l’imperatore avrebbe deciso di togliere l’assedio, ingannato dall’astuzia dell’archetipo alessandrino. Nei primi anni della sua storia la nostra città oscilla tra quattro diversi nomi: Alessandria, Cesarea, Rovereto e Palea, oltre ad un generico Civitas nova. Alessandria era il nome dato in onore del papa Alessandro III, mentre Cesarea era quello voluto dal Barbarossa (imperatore = Cesare). Gli altri due nomi Rovereto e Palea si riferiscono invece ai luoghi della fondazione: il quartiere Rovereto e la zona “palea”, che sembra volere indicare un luogo paludoso; nel nostro caso la zona di confluenza tra Tanaro e Bormida. Quindi quando si dice “Alessandria della paglia”, ricordando i poveri tetti della città improvvisata, probabilmente si commette un errore, perché non di paglia si tratterebbe ma di palea, cioè palude. La storia civile s’intreccia poi con quella religiosa: nel 1170 gli alessandrini inviarono due dei loro consoli da papa Alessandro III per consolidare l’alleanza e ribadire la propria fedeltà, suffragando l’omaggio con il dono perpetuo del terreno su cui sarebbe sorta la cattedrale della nuova città. Non esisteva infatti ancora una diocesi e i diversi borghi di fondazione appartenevano a giurisdizioni ecclesiastiche diverse: Rovereto apparteneva alla diocesi di Pavia, Bergoglio a Milano, Gamondio e Marengo a quella di Tortona, Quargnento, Solero e Oviglio, erano sotto la diocesi di Asti, mentre Villa del Foro sotto Acqui. Nel 1175 la chiesa costruita nell’attuale piazza della Libertà, venne elevata alla dignità di cattedrale da Alessandro III, che costituì anche la nostra diocesi, comprendente Bergoglio, Gamondio, Marengo, Rovereto, Foro, Quargnento, Solero, Oviglio insieme ad altri paesi smembrati dalle antiche diocesi di Acqui e Tortona.

Stefano Tessaglia

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