La settimana scorsa è uscito il nuovo singolo di suor Cristina dal titolo: “Felice”. Un brano dance, di quelli che si ascoltano spesso in radio e che musicalmente non ha molto di più delle altre canzoni. Anche il testo ha la semplicità di una canzone d’amore o sull’amicizia. Devo confessarvi che solitamente provo imbarazzo nel vedere il tentativo “pastorale” di alcuni uomini di Chiesa che cercano di utilizzare la notorietà delle canzoni per inserire goffamente termini cattolici. Ascoltando questo brano invece, mi sono sentito orgoglioso della scelta di suor Cristina di voler concrettizzare la sua azione pastorale (e le sue doti canore) con la musica. Mi piace perché prova a includere chi è fuori, parla un linguaggio che rende semplice la comprensione dell’amore di Dio per noi, la umanizza. Un po’ come papa Francesco, che da cinque anni subisce critiche per il suo linguaggio (soprattutto nel paragone con Benedetto XVI). Secondo alcuni sarebbe “un uomo pratico”, un comunicatore, un furbo, quando probabilmente il suo unico difetto è essere il primo a provarci in maniera così esplicita. Così come suor Cristina (e non solo lei) che cerca di parlare di Dio senza usare un linguaggio “specifico”, che utilizza termini che puoi comprendere solo se ne conosci il significato e solo dopo un lungo cammino fatto di preghiera, studio e scelte concrete. Forse non avrà termini cattolici, ma una canzone che mette in rima le parole “cicatrice” e “felice” è sicuramente una canzone che parla di Gesù.
Enzo Governale