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Per cominciare…
Tutto è nato sul web, da un “post”, commentato e contestato, dell’assessore Ciccaglioni sul suo profilo Facebook.
Abbiamo preferito non entrare nella polemica ma cogliere l’occasione per aprire un dialogo sui temi che ci stanno a cuore.
Da qui è nato un confronto inaspettato.[/three_fourth_last][/box]
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Piervittorio Ciccaglioni
Assessore del Comune di Alessandria ai servizi
alla persona e politiche sociali, abilitative
e per la famiglia, Disabilty manager, decoro
urbano, rapporti con il consorzio Cissaca e
l’Agenzia territoriale per la casa Piemonte sud.[/box]
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Gianpaolo Mortara
Presidente della Caritas
della Diocesi di Alessandria.[/box]
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Antonuccio: «Prima di cominciare, chiederei all’assessore Ciccaglioni di dire una parola definitiva sulla polemica relativa alle sue dichiarazioni su Facebook, sia sui migranti che sulla Caritas».
Ciccaglioni: «Innanzitutto grazie per l’invito. Sono chiamato a giustificare uno scritto su cui ho già messo la parola “fine”, e che è lontano da me per la mia cultura, per il mio modo di essere, per i miei trascorsi di assoluta trasparenza e solidarietà, testimoniati da anni e anni di volontariato. Quindi credo che si possa chiudere questa polemica, a volte troppo “calcata” su un aggettivo sui cui c’è stata un attenzione superiore al problema sollevato».
Antonuccio: «Entriamo nel merito di questo incontro. Abbiamo chiesto a Gianpaolo Mortara e a Piervittorio Ciccaglioni di segnalarci alcuni temi sui quali dialogare. Partiamo dall’assessore». Ciccaglioni: «È possibile avere una statistica sulle persone bisognose assistite dalla Caritas?».
Mortara: «Ho portato con me alcuni dati che sono frutto del lavoro fatto in questi anni per la presentazione del bilancio sociale del 2017. Parto con un paio di rifl essioni: la prima è che un’azione imprescindibile è quella dello sguardo; l’altra è quella del conoscere. Sono due azioni che molte volte nel nostro agire sottovalutiamo, ma sono fondamentali perché ci permettono uno sguardo giusto e una conoscenza approfondita. Citerò dei numeri e dei dati, che a volte possono sembrare “freddi”, ma dietro a questi numeri cerchiamo d’immaginare il volto e la storia di persone che incontriamo tutti i giorni. I dati, ricavati dal nostro centro d’ascolto, dalle mense, dai dormitori e da alcune parrocchie, ci dicono che nell’ultimo triennio abbiamo incontrato, conosciuto, ascoltato e accompagnato circa 1.700 persone. Dietro a questi volti abbiamo stimato un numero complessivo di circa 4.000 mila persone che vivono grazie al nostro aiuto. Costoro portano in volto fragilità e rabbia. Di queste persone il 95% ha dichiarato di non lavorare. Non lavorano perché non c’è lavoro o perché hanno anche una diffi coltà di accesso al lavoro. Spesso le loro famiglie vengono da situazioni devastanti legate alla disgregazione, ma da tenere in considerazione c’è anche la piaga del gioco d’azzardo. La povertà, ci dicono i numeri, sta diventando sempre più giovane. I 45enni rappresentano circa il 55% di coloro che accedono ai centri d’ascolto, alle reti parrocchiali e alla Caritas. Il bisogno colpisce le famiglie italiane per il 35%, mentre un 10% riguarda la migrazione di nuova generazione, quella che vediamo ultimamente. Il rimanente è costituito da famiglie europee e da immigrati di seconda generazione.
A: Qual è la sua riflessione su questi dati?
M: «Sono persone che portano una fragilità e un disagio a livelli preoccupanti. Un altro segnale è costituito dai numeri dei servizi di pronta accoglienza, ossia mense e dormitori, che sono il termometro degli ultimi, dei dimenticati e se vogliamo anche degli invisibili. Nella mensa di via Orfanelle 25 nel 2017 sono stati somministrati 25 mila pasti annui. Dato ancor più preoccupante è quello dei dormitori: nello scorso anno abbiamo ospitato 218 persone senza dimora. Quello che ci preme dire è che occorrerebbe “arrivare per tempo”, come molte volte ci ricordano il nostro vescovo e papa Francesco».
A: Come si intercettano queste situazioni?
M: «Ci vuole lo “sguardo” giusto di tutta la comunità. Uno sguardo che sappia guardare dal basso verso l’alto, sapendo capire, interpretare e programmare le giuste politiche, per immaginare percorsi che aiutino a intercettare le persone con disagio senza lasciarle in un punto di non ritorno.
A: Assessore, che cosa può fare quella parte di comunità che ha in mano l’amministrazione della città, e che lei rappresenta qui oggi?
C: «Per rispondere devo fare una premessa. Io ho avuto il piacere di invitare nel mio ufficio in Comune il direttore Mortara. Questo incontro mi ha fatto scoprire situazioni di cui non ero a conoscenza. Con voi e con tutte le realtà che agiscono in questo contesto è importante stabilire un calendario che permetta l’incontro mensile di tutte le associazioni. Credo anche che le istituzioni debbano cominciare a ragionare anche in termini di apertura al privato».
A: Al privato?
C: «Dopo l’assistenza data dalle associazioni di volontariato, dalla Caritas, dal Comune, è necessario dare alle persone in difficoltà una certa autonomia. Cioè un lavoro che le renda autonome, perché altrimenti noi rincorreremo sempre le loro fragilità e le loro difficoltà. Dobbiamo ricreare, specialmente nei giovani, una speranza nel lavoro, anche tramite le aziende private. E dunque impegnare le aziende in modo costruttivo, con sgravi fiscali, e permettere a questi ragazzi un futuro costruito da loro. Dare dunque la speranza di essere davvero autonomi».
A: Mortara, quella che l’assessore indica è una strada che le piace?
M: «È doveroso dare opportunità alle persone con fragilità, perché è quello che loro stesse ci chiedono. Credo sia questo il percorso da intraprendere, e deve coinvolgere tutta la comunità. A mio avviso è fondamentale privilegiare i momenti d’incontro e di confronto tra le realtà associative e le istituzioni, proprio perché questo discorso è talmente ampio e impegnativo che nessuno all’interno della comunità si può sottrarre».
A: Quali tempi per questo tavolo d’incontro?
C: «È imminente. Dal momento in cui verrà eletto il nuovo presidente del Cissaca partiremo».
A: Mortara, se lei avesse la lampada di Aladino che cosa chiederebbe alle istituzioni?
M: «La cosa più urgente è iniziare a conoscerci, attraverso i tavoli di confronto, che a questo punto diventano una priorità. E da lì partire insieme per un cammino. Sono convinto che sia doveroso provarci».
A: E lei, Ciccaglioni, che cosa si sente di chiedere alla Caritas e alle altre associazioni?
C: «Ha detto bene Mortara, qui parliamo di comunità, non ci riferiamo soltanto al singolo. Ne ho avuto conferma quando ho invitato tutte le realtà di volontariato in Sala Giunta. Devo dire che è stato un momento di grande scambio e di conoscenza. Prima Mortara parlava di sguardo. Io credo che una cosa altrettanto importante sia l’ascolto. Dobbiamo ascoltare, facendoci carico delle problematiche».
A: Ad Alessandria c’è la cultura dell’accoglienza?
M: «La gente in Alessandria è accogliente, ho già avuto modo di dirlo. Ci sono istituzioni, fondazioni e persone che hanno voglia di fare. C’è una cultura dell’accoglienza che sta venendo fuori, anche dai giovani e dalle famiglie. Non passa giorno in cui presso la nostra mensa, e parlo di comuni cittadini, non arrivino donazioni alimentari e indumenti. Mi piace sempre ricordare il gruppetto di anziane che a fine mese compra alimenti per la Caritas».
A: Il dovere di accogliere e l’esigenza di sicurezza. Questi sono due argomenti che spesso si scontrano.
C: «Questi flussi migratori non sono gestibili. Sono dell’idea che un ragazzo giovane venga in Italia perché convinto di trovare quel lavoro che al suo Paese non ha, ma che qui difficilmente troverà. Se però le nazioni riuscissero a creare migliori condizioni nei Paesi natii dei migranti, si eviterebbe l’impiego di questi ragazzi in attività illecite. Questi giovani siano le risorse della loro terra, ma devono essere aiutati a casa loro creando le migliori condizioni per il loro futuro».
A: Quella dei migranti è un’invasione?
C: «Certamente non è un’invasione, ma si potrebbero creare le condizioni perché la situazione venga gestita al meglio. Visti i recenti fatti di cronaca, è evidente che la convivenza sta peggiorando».
Andrea Antonuccio