Il 25 maggio 1995 Giovanni Paolo II promulgava l’enciclica Ut unum sint, sottolineando che risuona con sempre maggiore vigore nel cuore dei credenti l’appello all’unità dei cristiani che il Concilio Ecumenico Vaticano II ha riproposto con appassionato impegno.
È un impegno che coinvolge non solo vescovi e sacerdoti ma «tutti i discepoli di Cristo» perché «la Chiesa non è una realtà ripiegata su se stessa bensì permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecumenica, perché inviata al mondo ad annunciare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce: raccogliere tutti e tutto in Cristo; ad essere per tutti ‘sacramento inseparabile di unità».
Da quell’enciclica alla preghiera ecumenica a Lund, ricordandoci delle tappe, piccole o grandi ma tutte significative, di un percorso né facile né agevole, un quarto di secolo è stato illuminato dalla luce della ricerca dell’unità fra i cristiani.
E «l’ecumenismo implica che le Comunità cristiane si aiutino a vicenda affinché in esse sia veramente presente tutto il contenuto e tutte le esigenze dell’eredità tramandata dagli Apostoli. Senza di ciò, la piena comunione non sarà mai possibile. Questo vicendevole aiuto nella ricerca della verità è una forma suprema della carità evangelica». Sono ancora parole chiarissime dell’enciclica Ut unum sint che debbono farci riflettere ed agire di conseguenza.
Marco Caramagna