TURISTI PER CASA. Passiamo per Piazza della Libertà, dove nel 1803 Napoleone I abbattè un enorme pezzo della storia di Alessandria, la Cattedrale che gli alessandrini vollero costruire all’epoca della fondazione della città, quando decisero di donare quello spazio al papa Alessandro III . All’epoca era la “Platea Major”, il luogo dove i borghi fondatori si incontravano. Dove adesso sorge Palazzo Cuttica c’era invece, fino al XV secolo, la “Platea Ferae”, cioè la piazza del mercato. Ritornando alla nostra Platea Major, la Piazza Maggiore, tutt’ora nel pieno centro cittadino, anche via dei Martiri ha mantenuto fede alla sua vocazione medioevale: era in antico, la Rugata Porticum (le “rugatae” erano strade attraversate da un canale, il più delle volte di scolo), la Via dei Portici lungo la quale si aprivano i negozi, dove la gente amava passegiare. Oggi i portici sono spariti, ma chissà che anche all’epoca di Platea Major i giovani alessandrini non si dessero appuntamento all’angolo della Rugata Porticum come ora si incontrano in via dei Martiri…
Come in molte città medioevali, la piazza principale era il fulcro anche della vita politica, perchè le assemblee pubbliche si svolgevano nella cattedrale (motivo per cui la nostra venne ingrandita verso il 1279), e sempre nella stessa Platea aveva sede il Broletto, ovvero il palazzo del Comune. Dov’è ora? Dietro la facciata ‘800esca di Palatium Vetus, e conserva molto bene la fronte antica. Al suo interno, c’è la prima raffigurazione conosciuta dello stemma cittadino: la Croce di san Giorgio portata dai crociati.
Mutatis mutandis, anche oggi il Comune è in Platea Major: Palazzo Rosso, il quale nacque nel XIX secolo come teatro -ricorda vagamente la Scala, in esterno, non trovate?- voluto da Carlo Alberto di Savoia, e che tale fu fino ai bombardamenti del 1945.
Quando il teatro venne distrutto, Platea Major si chiamava già “Piazza Vittorio Emanuele”, sulle fondamenta dell’antico duomo si svolgeva il tradizionale mercato, e Urbano Rattazzi, oggi solo, era accompagnato da moglie e figli. E nascevano anche i mosaici di Severini, grande e preziosissima opera, raffigurante la Storia delle Telecomunicazioni. Dovremmo parlare anche di Palazzo Ghilini, ma è un’altra storia. L’orologio del comune (quello blu è del 1181) segna l’ora dell’aperitivo, e noi ci fermiamo in uno dei tanti bar di Piazza della Libertà..
Matteo Zaccaro