Gli abitanti degli octo loca che nel 1168 fondarono la città di Alessandria appartenevano a diverse diocesi. La chiesa di Santa Maria di Bergoglio rientrava nella giurisdizione ecclesiastica dell’arcivescovo di Milano, e la messa veniva celebrata con rito ambrosiano. Il borgo di Rovereto apparteneva invece alla diocesi di Pavia, mentre Gamondio e Marengo a quella di Tortona. A loro volta, Quargnento, Solero e Oviglio rientravano nella giurisdizione del vescovo di Asti. Infine, Villa del Foro faceva parte della circoscrizione vescovile di Acqui. Sul territorio insistevano anche diritti di altri enti religiosi come il convento di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia. Si rendeva quindi oltremodo necessaria la definizione di un’unica autorità ecclesiastica a cui la nuova città avrebbe dovuto dipendere, nonché la creazione di una cattedrale.
Nel gennaio del 1170 (sebbene gli atti ufficiali riportano l’anno 1169) gli alessandrini acquistarono dai marchesi del Bosco un terreno di tre iugeri nella parte sud-orientale della platea major (l’odierna piazza della Libertà) al fine di costruirvi una maior ecclesia dedicata a San Pietro. Subito dopo i consoli Rufino Bianchi e Guglielmo de Brasca si recarono a Benevento presso la corte di papa Alessandro III, al secolo Rolando Bandinelli, per donargli il sedime. Come si rileva nella bella pubblicazione intitolata Gli inizi della Chiesa alessandrina, curata da Roberto Livraghi, l’atto di donazione si compone di quattro parti. La prima elenca i cardinali e i diaconi presenti al momento della stesura.
La seconda illustra l’offerta fatta dai consoli alessandrini al Santo Padre attraverso la formula feudale della donatio per fustem, ossia un’investitura accompagnata con l’offerta di un alberello. Nella parte successiva viene descritto il tributo a favore della Sede Apostolica da corrispondersi annualmente nella festività di San Martino. Il documento si conclude con il giuramento solenne di fedeltà alla chiesa romana attuato mediante l’imposizione delle mani, a significare il vincolo di vassallaggio che ora stringeva il popolo di Alessandria al suo Signore. Con questo atto, detto di «feudo oblato», la nuova città otteneva un importante riconoscimento riguardo alla sua esistenza legale – negata invece dall’imperatore Federico Barbarossa – diventando una signoria feudale del pontefice. La donazione del 1170 è conosciuta grazie a una copia risalente al XIII secolo presente nel Liber crucis della città. L’allora podestà Amizone Butraffo ordinò infatti a due notai di raccogliere in un codice gli atti più importanti relativi alla storia del Comune di Alessandria. Qualche anno più tardi la nuova chiesa verrà elevata alla dignità di cattedrale con la contestuale creazione della nuova diocesi attraverso la bolla papale Sacrosanctae Romanae ecclesia.
Mauro Remotti