Nell’articolo di Avvenire pubblicato mercoledì ho parlato di cambiamento e di come questo abbia interessato il mondo del cibo e del vino, tanto da diventare negli ultimi anni un fenomeno che oggi è al centro di iniziative editoriali e televisive. Perché? Perché a mio avviso si è spezzato un cordone ombelicale con la tradizione ed è sparita la figura della massaia che faceva la spesa, cucinava e si occupava non solo dell’educazione dei figli, ma di una corretta alimentazione di tutti i membri del nucleo. Essendo venuto meno questo modello di famiglia, è nata una crescente attenzione verso l’alimentazione, il più possibile “naturale”, mentre la preoccupazione di contrarre patologie, spesso legate a un’alimentazione disordinata, è diventata un po’ l’ossessione dei giorni nostri. E poi i luoghi dove si consuma il cibo rispondono a un altro bisogno odierno: combattere la solitudine, obbiettivo che non si raggiunge nei “mangifici” sempre più grandi e raffinati dove si celebra tutto tranne la convivialità. In questi luoghi bisognerebbe favorire il prodotto di prossimità, la dimensione conviviale, il personale capace di coinvolgersi. Sarebbe un bel passo.
Paolo Massobrio