Giuseppe Maria Gabriele Galateri di Genola nacque a Savigliano il 26 aprile 1761, figlio del conte Annibale Nicolò e della contessa Bona Paola Fontanella di Baldissero. Il padre era signore di Genola e Suniglia. Avviato alla carriera militare, divenne ufficiale dell’Armata Sarda. All’epoca delle campagne napoleoniche in Italia, si arruolò nell’esercito russo di Aleksandr Vasil’evič Suvorov per contrastare le truppe francesi. Prese parte a diverse importanti battaglie distinguendosi per il suo slancio e ardimento, raggiungendo in breve tempo il grado di maggior generale. Nell’ottobre 1805, nel corso degli scontri di Ems ed Ettingen, subì una grave ferita che lo costrinse a portare per sempre una calotta metallica sopra la testa. In seguito, si recò a San Pietroburgo dove conobbe la nobildonna Anna Ivanovna Cerneva, che poi sposò e da cui ebbe un figlio. Nel 1816 fu riammesso nell’esercito del Regno di Sardegna e assegnato al comando della divisione di Cuneo dal 1822 al 1824, per poi essere trasferito con i medesimi poteri ad Alessandria, subentrando al conte G. de Varax. Fin da subito, si caratterizzò per l’estremo rigore in materia di ordine pubblico: dopo le dieci di sera in città calava una sorta di coprifuoco e una cassetta per le delazioni anonime era collocata nella via Larga sul portone di Palatium vetus. I suoi divieti erano spesso irragionevoli e odiosi: colpirono i fumatori, coloro che portavano il cappello «alla turca» e i borghesi con barba e baffi (a suo avviso segni distintivi di idee liberali). Nel 1833 intervenne per reprimere duramente una congiura della Giovine Italia: il 29 aprile mise infatti ai ferri in Cittadella il causidico Andrea Vochieri insieme ad altri cinque simpatizzanti mazziniani. Il processo fu contrassegnato da abusi procedurali e da continue vessazioni dei prigionieri. Ciò nonostante, come evidenzia Fausto Bima nella Storia degli Alessandrini: «il cospiratore si sarebbe salvato se non ci fosse stata la premeditata, odiosa, spregevole, abbietta delazione del 4 giugno del furiere Lugi Viora, di nobili origini e fornito di sostanze, che preferì tradire il proprio onore e i compagni per aver salva la vita». L’esecuzione di Vocheri ebbe luogo il 22 giugno. Come estremo atto di crudeltà, il condannato fu costretto a transitare davanti alla sua abitazione per poi essere condotto in piazza d’armi vecchia (l’attuale piazza Matteotti) per la fucilazione. Avendo portato a termine questa brillante operazione di polizia, il governatore venne insignito con l’Ordine supremo della Ss. Annunziata. Al Galateri fu intitolato anche l’isolotto fortificato del Tanaro, a valle del ponte della Cittadella, poi inglobato alla sponda sinistra. Il generale morì nella sua villa di Braidabella il 20 gennaio 1844. In Alessandria, a ricordo della sua malvagità, resta il detto: «Gram c’me Galateri» (cattivo come Galateri).
Mauro Remotti