Il Presepe in Cattedrale, un gesto di preghiera

Parlano Angelo Di Vito e don Gianni Toriggia

Lui si chiama Angelo Domenico Di Vito (per tutti, solo Angelo) e a febbraio compirà 73 anni. Irpino di origine («Vengo da Tufo, in provincia di Avellino»), Angelo è un ex macchinista delle Ferrovie dello Stato in pensione che dal 1980 vive ad Alessandria. Lui e la moglie, sposati da 42 anni, hanno un figlio, medico a Novi Ligure. Ma non è tutto: Angelo è “inventore” (e realizzatore) del presepe che sarà aperto giovedì 7 alle 18 nella nostra Cattedrale, poco prima della Celebrazione prefestiva. Per essere pronto il giorno dopo, l’8 dicembre, Festa dell’Immacolata, così come vuole la tradizione.

«Sono 41 anni che lo faccio» ci racconta, visibilmente emozionato, davanti alla sua “creatura”: un presepe di stile napoletano, dove anche le oltre 2.000 tegole dei tetti delle case sono state realizzate dalla paziente abilità di Angelo. Una passione, la sua, nata da una “mancanza”: «Da bambino sognavo di avere un presepe, ma mio padre, che lavorava nelle miniere di zolfo e curava anche dei terreni, non aveva tempo di costruirmelo. E allora, siccome è mancato a me, ho cominciato a farlo per mio figlio». Da lì, Angelo continua a coltivare questo suo passatempo, fino a diventare un vero e proprio “cultore della materia”, richiesto e conteso da tutti: «È successo che 13 anni fa mi hanno fatto conoscere don Gianni (Toriggia, parroco della Cattedrale, ndr), che mi ha detto: “Devi fare il presepe in Duomo”» racconta Angelo. E continua: «Io allora lo facevo alla chiesa del Carmine, e sono venuto qui partendo da zero. Questo è il risultato…» conclude, mostrandoci in anteprima il suo presepe, che colpisce per la maestria nella costruzione e il “calore” di chi lo ha realizzato, un pezzo alla volta.

Gli fa eco don Gianni Toriggia (nel tondo): «Devo ringraziare Angelo perché il presepe è un dono alla Cattedrale. E poi fa meditare: intorno c’è la vita di oggi, e al centro la Natività. Quasi a dire che questo mistero grande dell’Incarnazione io devo viverlo ogni giorno nella quotidianità della mia vita». È un presepe senza “animazioni”: «Per me è una figura istantanea, è un istante… uno deve immaginarlo come una fotografia, non ha senso che si muova» ci spiega ancora Angelo, che ci invita a guardare meglio dentro le abitazioni che circondano la capanna in cui nascerà Gesù. Dalle piccole finestre si scorgono un tavolo con i fiori, il salotto, la camera da letto… addirittura una cucina con i mestoli appesi e i pentolini sul fuoco. «Ci sono anche delle luci all’interno, che si accendono e spengono per rendere l’effetto notte-giorno, alba-aurora…».

Un lavoro certosino, che porta dentro anche un significato: «Nella rappresentazione del presepe c’è il buono e c’è il cattivo. Il “buono” è Gesù che nasce, sono coloro che se ne accorgono; il “cattivo” è l’oste con il mangiare, o il tavolo con i giocatori di carte. Sono personaggi disinteressati al grande evento che sta per accadere… rappresentano l’attaccamento al superfluo» commenta Angelo, che ringrazia anche Romolo e Maura della Cattedrale per l’aiuto che gli hanno dato nella fase di allestimento.

Chiediamo infine un pensiero personale sul Natale: «Per me il Natale, oltre alla Festività della Chiesa, è la famiglia. Mi riporta alle mie origini: a casa mia eravamo in 10-12 persone, ci si ritrovava e si stava insieme tre giorni. Vigilia, Natale e Santo Stefano: era il momento per tenere insieme tutta la famiglia» conclude Angelo. «Per me fare il presepe è ricreare quell’ambiente degli affetti che è sempre più difficile mantenere». L’invito è rivolto a tutti: entrare in Cattedrale per visitare il presepe. È un gesto di preghiera, non è solo folclore o tradizione.

Andrea Antonuccio