Intervista a monsignor Gallese
Eccellenza, se gira pagina, come i nostri lettori, troverà su Voce il decreto che lei ha appena varato sulle Unità pastorali. Può spiegarcelo?
«È il decreto che dà il via alla riforma della nostra Diocesi, unitamente al decreto della Curia diocesana che uscirà nei prossimi giorni».
Bene. Ma nella sostanza?
«Si tratta di una suddivisione della Diocesi in nove Unità pastorali, nelle quali ciascuno dei preti dell’Unità sarà parroco di tutte le parrocchie dell’Unità stessa. Uno di loro sarà anche il moderatore dell’Unità, e avrà il compito di rappresentanza davanti al Vescovo e nei negozi giuridici».
Un “primus inter pares”, dunque…
«Esattamente, nel testo del decreto è scritto proprio così. Non è dunque un superiore gerarchico».
Ci spiega che cosa vuol dire che ogni prete sarà parroco di tutte le parrocchie della sua Unità pastorale?
«Il concetto fondamentale di questa riforma è il principio della corresponsabilità nella gestione delle parrocchie. Essa pone le comunità parrocchiali al sicuro dai problemi derivanti dall’invecchiamento del proprio parroco, e consente di mettere a disposizione di più comunità i doni dei sacerdoti dell’Unità pastorale, evitando contestualmente di farne pesare i limiti».
Facciamo un esempio?
«Facciamolo. Prendiamo un sacerdote che è bravo nella Pastorale familiare, ma non in quella giovanile. E un altro, invece, che è bravo nella Pastorale giovanile ma non in quella familiare. Se li faccio collaborare, avrò la possibilità di una Pastorale giovanile e familiare in più parrocchie della stessa Unità. Il vantaggio è evidente».
È dunque questa la “ratio” con cui li assegnerà alle diverse Unità?
«Adesso cominciamo in maniera graduale con i parroci già presenti sul territorio, facendo meno spostamenti possibili. Ma nel tempo cercheremo di tenere una prospettiva sempre più pastorale».
Davvero le “cose come stavano prima” non vanno più bene?
«No, non vanno più bene. Ridotti al numero in cui siamo, e parlo di preti e laici, nelle singole parrocchie non si riesce più a tenere una vita di comunità ricca, gioiosa e variegata. Mentre, condividendo i carismi in modo più ampio, ci diamo la possibilità di fare esperienze significative per la vita delle persone».
Ai laici lei che cosa chiede?
«Ai laici chiedo di essere partecipi della vita della comunità, condividendo con gli altri i talenti che hanno al fine di essere comunità evangelizzante, secondo le richieste di papa Francesco».
Qualcuno si lamenterà che non c’è più il suo parroco a dire Messa la domenica…
«Se non riusciamo ad accogliere un parroco in più, figuriamoci se riusciremo ad accogliere chi è diverso da noi… a tutti chiedo un atteggiamento di accoglienza e di apertura».
E il catechismo in parrocchia che fine farà?
«Sarà oggetto di riflessione all’interno delle Unità pastorali, in modo tale da offrire una proposta in cui i ragazzi facciano un’esperienza gioiosa e qualificante dell’iniziazione cristiana. Ai catechisti dico: andiamo avanti con continuità e aperti al miglioramento. Perché il Signore non tradisce… e neanche il Vescovo (sorride)».
I preti della Diocesi come l’hanno presa?
«Con paura, perché chiaramente il maggiore peso lo devono portare loro, come del resto già avevo scritto nella mia ultima Lettera pastorale, che vi invito a rileggere alla luce di questi cambiamenti. E lavorando con l’ufficio della Cancelleria, siamo riusciti anche a evitare di far dare ai parroci le dimissioni».
Eccellenza, alcuni preti l’hanno presa molto male questa storia delle Unità pastorali. E, almeno a me sembra così, hanno anche attaccato il loro Vescovo, più o meno frontalmente.
«Io capisco che questa situazione, proprio per la fatica che comporta, muova talvolta anche le viscere dei sacerdoti. Ne sono dispiaciuto, ma confido che una volta partite le Unità pastorali, le persone abbiano la saggezza di riconoscere la bontà di questo passaggio che, ne sono sicuro, porterà frutti visibili per la nostra amata Chiesa alessandrina».
Clicca qui per leggere il Decreto Unità Pastorali
Andrea Antonuccio
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