Tommaso da Alessandria

“Alessandria racconta” di Mauro Remotti

Tommaso Guasco (o Arobba) nasce ad Alessandria nel XIII secolo (probabilmente intorno al 1283). Secondo Carlo A-Valle, autore della Storia di Alessandria dall’origine ai giorni nostri: «S’ignorò lungamente a quale famiglia appartenesse: ma la scoperta di un instromenlo del mille trecento trentacinque venne a sciogliere la quistione. Questa scoperta va dovuta al marchese Carlo Guasco, che scrisse nel dizionario dell’Orlandi le memorie riguardanti la città di Alessandria».

Appena diciottenne, Tommaso lascia la sua città natale per recarsi in Toscana dove veste l’abito dei Servi di Maria, un ordine mendicante della Chiesa cattolica costituito qualche decennio prima da sette fondatori: Bonfiglio Monaldi, Buonagiunta Manetti, Manetto dell’Antella, Amideo degli Amidei, Uguccione degli Uguccioni, Sostegno dei Sostegni e Alessio Falconieri. Si trattava di un gruppo di mercanti fiorentini che aveva deciso di rinunciare ai beni terreni per vivere nella solitudine della preghiera sulla sommità del vicino Monte Senario.

All’inizio del Trecento, papa Benedetto XI, con la bolla Dum levamus, approva la Regola e le Costituzioni professate dai serviti, i cui conventi, situati esclusivamente in Italia e in Germania, sono ormai una trentina. La spiritualità dei Servi di Maria, che seguono la regola di sant’Agostino, si basa su alcuni elementi essenziali: il servizio, la devozione alla Vergine Maria (in particolare con il titolo di Addolorata), la vita fraterna e l’invito alla conversione.

Nei primi anni di appartenenza all’Ordo Servorum Beatae Virginis Mariae, Tommaso Guasco ha come maestro il priore generale Andrea Balducci da Sansepolcro, il quale aveva predicato anche ad Asti (1294) e Alessandria (1295) fondando due conventi posti sotto la giurisdizione del priore provinciale di Lombardia. Il religioso alessandrino viene così descritto: «Amatissimo dell’orazione e del silenzio, stava solitario nella cella, o meditando, o leggendo, o esercitandosi in aspre penitenze. Nutrivasi di sole erbe e legumi. Oltre in due quaresime, digiunava tutti i mercoledì ed i venerdì a soli pane ed acqua. Prendeva breve riposo sopra nude tavole e portava sulla carne il cilicio. L’unico sollievo che si concedeva era quella di visitar gli infermi…» (Massa).

Tommaso da Alessandria muore, in odore di sanità, il 15 luglio 1346, giorno in cui viene tutt’ora commemorato. Sulla piattaforma del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (dati.beniculturali.it) – dove viene pubblicato il patrimonio informativo secondo la logica dei LOD – si trova un quadro raffigurante il Beato Tommaso, opera di un pittore lombardo della prima metà del XVIII secolo. L’identificazione è stata proposta da P. Sostegno Maria Berardo nel libro Spigolature di storia dei servi di Maria nella città di Pavia.

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