L’Editoriale di Andrea Antonuccio
Care lettrici, cari lettori,
tra le mani avete un numero di Voce straordinario. L’intervista che trovate su questa pagina vale, per conto mio, il prezzo dell’abbonamento al settimanale. Vi prego di leggere che cosa ci ha raccontato Cinzia, una donna di 49 anni che, dopo quarant’anni trascorsi a odiare la Chiesa e i preti, domenica scorsa è stata cresimata in Cattedrale. Una conversione adulta, la sua, nella quale risultano evidenti le peculiarità della fede: un incontro, un avvenimento concreto che cambia completamente l’esistenza, liberandola dalle miserie da cui non siamo capaci di liberarci da soli.
Ci ha detto Cinzia, commuovendosi, che «quei quarant’anni di furore e odio, quel male che avevo dentro, si sono finalmente placati». Ma che cosa ha visto questa nostra amica per abbracciare Cristo così? Perché il suo cuore, pietrificato dalle difficoltà della vita, ha ceduto? Nel suo racconto emerge una figura decisiva, con un nome e un cognome (non un fantasma, o un frutto dell’immaginazione).
Le parole che quella figura ha pronunciato incontrando Cinzia la prima volta («Dottoressa, lei avrebbe bisogno di parlare un po’ con me») a me hanno ricordato altre parole: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Esagero? Non credo proprio. Cristo si può incontrare, oggi come 2.000 anni fa, con la stessa intensità di sguardo.
Parliamo sempre di documenti, di convegni, di piani pastorali, e trascuriamo la cosa più semplice, ed evidentemente più efficace: lo sguardo. Per rinascere abbiamo tutti bisogno di essere guardati da occhi che amano le nostre ferite e le nostre povertà, prima ancora di giudicarle. La vita di Cinzia, e di tanti tra noi (anche la mia, se ripenso a come mi sono rappacificato col Signore), è rinata grazie a qualcuno che nel suo sguardo portava lo sguardo di Qualcuno.
Andrea Antonuccio
direttore@lavocealessandrina.it
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