Quale eternità desideriamo?

L’Editoriale di Andrea Antonuccio

Care lettrici, cari lettori, non so quanti tra voi siano stati colpiti, direttamente o attraverso parenti o amici, dal coronavirus. Io sto ricevendo chiamate e messaggi che via via “aggiornano” un drammatico bollettino di guerra. Nell’elenco ci sono diversi miei coetanei: persone sane, più in forma di me… Finita la retorica del virus che “colpisce solo gli anziani” (come se questa fosse una consolazione…), adesso sembra che il modo di tutti (forse anche il nostro) nell’affrontare il problema sia quello di dimenticarsene.

Oppure di metterlo nella “custodia” degli slogan: tra tutti, stravince nella classifica “benda sugli occhi” il famigerato “#andràtuttobene”. Ora, non so voi come la pensiate, ma sul fatto che andrà (o che stia andando) tutto bene io qualche dubbio ce l’ho (e forse ce l’ha anche il nostro vescovo, che ho intervistato proprio su questo tema). Un mio caro amico, che abita vicino all’ospedale “Sacco” di Milano, su Facebook ha scritto: «Non so se è vero, ma mi sembra che le sirene lancino troppo spesso nella giornata il loro grido.

Forse è solo che sono sempre qui, recluso, in ascolto. Eppure, a ogni urlo, una stretta al cuore. Sarà uno di loro? “Andrà tutto bene”, dicono i balconi. È invocazione, domanda, forse preghiera. Ma le sirene suonano sempre di più, o almeno così sembra. Che cos’è, Chi è quel bene che invochiamo? ». Un’altra mia grande amica, di fronte alle difficoltà di salute di persone a me care, ha reso chiaro il senso di quello che sta capitando: «Intanto Dio insegna… lascia un segno dentro…».

Un Dio che non punisce ma insegna: per ora mi porto a casa questo. E comincio a pensare che tutto ciò che accade, anche nel dolore e nel dramma, è per il nostro bene. Quello con la “B” maiuscola: che non ci ha promesso di vivere in eterno, ma ci promette la vita eterna.

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