Le buone notizie esistono, sono incarnate nelle persone che le hanno vissute e per questo sono difficili da raccontare. È inevitabile che il cronista, si faccia coinvolgere dalla notizia stessa e questo costa fatica. Anche per il lettore non è semplice lasciarsi pervadere dalla bontà di una notizia. Forse anche per questo motivo sui social network, il maggior numero di condivisioni, ha come sfondo sentimenti come rabbia e paura. Una recente ricerca ha definito proprio questo, è più facile condividere storie da commentare negativamente. Questo avviene perché, paradossalmente, le cattive notizie ci fanno sentire buoni. Come dice Papa Francesco le cattive notizie “anestetizzano le coscienze” perché non abituano ad una reazione. Qui interviene la buona stampa, la comunicazione sociale. Il giornalista ha la stessa responsabilità di un educatore, con un peso maggiore perché usa mezzi che raggiungono migliaia di persone.
La buona stampa non parla solo di cose belle mettendo da parte le cose negative ma cerca una chiave di lettura che possa attivare un cambiamento.
Questo è il nostro compito e ve lo chiediamo con il cuore: se vedete che ce ne stiamo dimenticando, ricordatecelo!
Enzo Governale