In salute – Sclerosi multipla ko?

È in arrivo una nuova soluzione terapeutica molto promettente per i malati di sclerosi multipla, una patologia che in Italia riguarda quasi 118mila persone, nella maggior parte giovani fra i 20 e i 40 anni. Si tratta di ocrelizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato che ha rapidamente superato i test sperimentali confermando un alto profilo di efficacia abbinato a un buon profilo di sicurezza, tanto da poter essere impiegato fin dalle fasi precoci della malattia.
«Si tratta di una vera rivoluzione copernicana», spiega Giancarlo Comi, direttore del dipartimento di neurologia e dell’istituto di neurologia sperimentale dell’Università Vita-Salute San Raffaele, ospedale San Raffaele di Milano. «Ocrelizumab ha la peculiarità unica di attaccare un tipo specifico di linfociti B, ovvero quelli che esprimono il recettore Cd20. È noto che queste cellule svolgono un ruolo chiave nell’aggressione che il sistema immunitario scatena contro le cellule nervose e la guaina mielinica che le ricopre, causa dei sintomi associati alla sclerosi multipla». Se finora il medico si trovava spesso a dover scegliere fra efficacia e sicurezza del trattamento, poiché i farmaci potenti rischiavano di essere poco sicuri, ocrelizumab ha dimostrato di soddisfare entrambi i parametri colmando importanti bisogni di cura insoddisfatti, sia nella gestione delle forme recidivanti della sclerosi multipla, sia per le forme primariamente progressive di cui costituisce il primo e unico trattamento efficace.
La somministrazione di questo farmaco biologico per via endovenosa, ogni sei mesi senza necessità di condurre analisi di routine fra i dosaggi, assicura la sua semplicità d’impiego e un notevole passo avanti rispetto agli approcci orali quotidiani e alle infusioni a cadenza mensile attualmente disponibili. Tutte caratteristiche che rendono ocrelizumab un’importante opportunità di cambiamento per i malati, per il rallentamento della progressione della patologia ma anche per il miglioramento della loro qualità di vita generale. La sclerosi multipla implica infatti complicazioni fisiche che nell’80% dei casi portano a forme anche gravi di disabilità. Nelle persone con forma primariamente progressiva gli studi clinici hanno evidenziato, per esempio, come ocrelizumab possa ritardare di sette anni l’insorgenza della necessità di impiegare la sedia a rotelle. Nuove indagini cliniche valuteranno invece a breve gli esiti dell’uso del farmaco sulla funzione dell’arto superiore.

Elena Correggia

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