Dalla carta ingiallita – Vivere, non vivacchiare

Il 4 luglio scorso è stata la festa liturgica del beato Pier Giorgio Frassati un giovane di 24 anni morto in odore di santità il 4 luglio del 1925.
Interessantissima, e vero insegnamento spirituale, è una sua lettera, in questa lettera il Beato riflette sulle sofferenze e lotte interne, e si sforzava di darne una valida spiegazione, ma con la determinazione che contraddistingue i santi si rispondeva: “Ho io forse perso la Fede? No, grazie a Dio la mia Fede è ancora abbastanza salda e allora rinforziamo, rinsaldiamo questa che è l’unica gioia, di cui uno possa essere pago in questo mondo.”
Questa lettera è datata 6 marzo 1925, nel luglio del medesimo anno il giovane apostolo dei poveri, probabilmente visitandoli nelle loro abitazioni, contrasse una poliomielite fulminante che in meno di una settimana, lo portò alla morte.
Nei giorni della malattia, l’attenzione della famiglia era rivolta all’anziana nonna materna, che morì il 1º luglio. La notte precedente alla morte della nonna, Pier Giorgio Frassati tentò di alzarsi per muovere qualche passo, ma cadde più volte e si rialzò sempre da solo e senza che nessuno, se ne accorgesse.
La famiglia comprese la gravità delle condizioni del ventiquattrenne, quando egli non riuscì più ad alzarsi dal letto per partecipare al funerale.
Nella lettera Frassati parlando dei poveri che tanto amava, perché in essi vedeva Cristo, affermava: “Ogni sacrificio vale solo per essa; poi come cattolici noi abbiamo un Amore che supera ogni altro e che dopo quello dovuto a Dio è immensamente bello, come bella è la nostra religione. Amore che ebbe per avvocato quell’Apostolo, che lo predicò giornalmente in tutte le sue lettere ai fedeli. La Carità senza di cui, dice S. Paolo, ogni altra virtù non vale.”
La sua vita è un vero modello per la nostra società, società che spera di vederlo presto nella schiera dei Santi sociali.

 

Alessandro M. Capra

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