Vigilia di Natale ‘44

Guareschi: Fame, freddo e nostalgia

Il Natale che oramai è alle porte, mi ha fatto venire in mente un libro che avevo letto qualche anno or sono, intitolato La favola di Natale di Giovannino Guareschi. Ci fermeremo solamente sulla premessa di questo piccolo volume di una grande opera.

L’autore racconta la storia di questa favola nata in un campo di concentramento del Nord ovest germanico del 1944, dove lui si ritrovava rinchiuso a causa della sua fede politica, essendo monarchico e avendo giurato fedeltà alla monarchia non entrò nella Repubblica di Salò.

Le muse ispiratrici erano Fame, Freddo e Nostalgia.

Molti degli ufficiali prigionieri erano dilettanti in canto e musica e qualcheduno era riuscito a tenere con sé il proprio strumento. Questa favola venne raccontata per la prima volta in una squallida Baracca allestita da teatro, piena zeppa di gente malinconica, Guareschi lesse la favola, orchestra e coro la commentarono era la vigilia di Natale del 1944.

Afferma l’autore “Noi pensavamo allora alle cose più umili della vita consueta come meravigliosi beni perduti, rimpiangevamo il sole, l’acqua, i fiori, come se oramai non esistessero più.”

Tutta la favola è veritiera e ogni riferimento nasconde un volto e una polemica, l’autore ricorda che quando venne messa in scena a un certo punto cominciarono a cantare con voce rocca tre persone che rappresentavano cornacchie, il poliziotto di servizio sghignazzava divertito e lui moriva dalla voglia di dire “guardi, signore, che quella cornacchia e lei”

La favola esordisce “c’era una volta un prigioniero…” E con una finezza, che solo il padre degli indimenticabili don Camillo e Peppino, poteva avere, termina così:

E se non v’è piaciuta – non vogliatemi male, ve ne dirò una meglio – il prossimo Natale, e che sarà una favola – senza malinconia: “c’era una volta – la prigionia”

“Io vi racconterò una favola, e voi la racconterete al vento di questa sera, e che il vento la racconterà ai vostri bambini. E anche alle vostre mamme e alle nonne di vostri bambini, perché è la nostra favola: la favola malinconica di ognuno di noi.”

Alessandro M. Capra20

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